Tratto dalla graphic novel A Wonder Story – Il libro di Julian di R. J. Palacio (pubblicato in Italia nel 2015), Wonder: White Bird (2023, trailer) di Marc Forster è una dolce cartolina sulle seconde opportunità e sull’importanza dell’azione per salvare il mondo dal male serpeggiante. La tematica del bullismo – centrale nel romanzo di Wonder (pubblicato in Italia nel 2013) e nel film omonimo del 2017 diretto da Stephen Chbosky – si unisce qui all’antisemitismo della Germania nazista e ne sottoscrive una discutibile continuità senza mezzi termini. L’eterno dualismo tra bene e male diventa infatti tanto il motivo ricorrente del film, quanto l’immagine che attesta chi sono i vincitori e chi i perdenti. Il ricordo della purezza dell’Eden e il veleno di Hitler che corrompe i figli della Francia 1942 fagocitano, dunque, un’indispensabile presa di posizione sul mondo: c’è la purezza delle colombe e c’è la malvagità dei lupi… tu da che parte stai? Anche il film del 2017 pensava in questi termini dualistici, ma lo spin-off del 2023 porta tutto all’estremo. Se Wonder combatteva il pregiudizio adottando la prospettiva di un bambino affetto da una forma di disabilità, Wonder: White Bird prende lo sguardo del peccatore e afferma che la redenzione è possibile scegliendo sempre la gentilezza. Quest’ultima è senz’altro garanzia di successo.
Julian (Bryce Gheisar), l’ex bullo di August, è trasferito in un nuovo istituto di New York a seguito degli eventi della prima scuola. Nonostante la nuova vita, Julian ha una forte crisi esistenziale. Nel nuovo istituto infatti si ripresentano le medesime logiche di predatore e vittima da lui precedentemente adottate con August, il bambino della prima scuola. Julian, tuttavia, non sa ancora scegliere da che parte schierarsi. Fortuna vuole che nonna Sara (Helen Mirren) lo aiuti a comprendere sé stesso raccontandogli la storia di quando fu costretta a nascondersi dai nazisti perché ebrea, grazie all’aiuto di un coraggioso cavaliere. Come Julian, anche la Sara adolescenziale (Ariella Glaser) non prendeva mai una posizione quando i bulli della sua classe (e futuri cadetti della SS) se la prendevano ingiustamente con un loro compagno, affetto da una forma di disabilità (Orlando Schwerdt). Il proposito di Wonder: White Bird è magnifico: il futuro dei figli dipende tanto dall’educazione impartita dai genitori, quanto dalle scelte degli stessi rampolli. Chiunque può essere un eroe, perché a definirlo tale sono le azioni compiute per salvare chi ha bisogno.
Il bene di cui parla Wonder: White Bird è visibile ad occhio nudo. Ed è un bene divino! La famiglia vince, i veri amori sono celebrati e la pace è tra i credenti. Eppure, nonostante la gran bella morale, Wonder: White Bird è un film monco. Si dimentica letteralmente di esplorare il presunto protagonista, ovvero il giovane antisociale Julian. L’opera di Marc Forster assume così la forma di un gigantesco flashback che decide di concentrarsi approfonditamente sulla nonna di Julian e pochissimo sul ragazzo. L’assunto che porta una simile scelta di sceneggiatura risiede nel diffusissimo preconcetto che tutti i mali siano uguali, perché Satana è sempre dietro l’angolo e si manifesta in tante forme: secondo il film, quindi, l’azione di un bullo di oggi diviene condannabile come i crimini di guerra del nazismo… e ancora, tu da che parte stai? Se Julian dunque non prende una decisione subito, egli rischia di diventare come i repellenti compagni di classe di Sara.
Il film ragiona così tanto per estremi e paranoia che si scorda letteralmente di quanto diversa sia la situazione tra Sara e Julian (Seconda Guerra Mondiale e anni 2000 non sono la stessa cosa). Persino il colpo di scena sul motivo per cui la nonna stia raccontando questa storia al nipote perde emozione, perché (di nuovo) la gravità delle azioni tra le due storie ha un peso differente. Decidere di aiutare il prossimo non è tanto una scelta imposta dal buon Dio, quanto una responsabilità civile mediata dal rispetto intrinseco per l’altrui persona e sofferenza. L’azione del bullismo è deprecabile, senza dubbio, ma associarla al nazismo in maniera arbitraria è (forse) un po’ fuori fuoco.
Inoltre, il film commette un errore di serialità non indifferente. In Wonder comprendiamo che il comportamento di Julian proviene dalla superficialità e dal giudizio di genitori snob e presuntuosi: al colloquio con i genitori, ad esempio, la madre ha il coraggio di affermare che August farebbe allontanare chiunque con quel suo aspetto; anche il padre se ne lava le mani e finisce col dare ragione alla moglie. Ora, guardando Wonder: White Bird, sorge una domanda. Sara si trasforma da giovane ragazza indifferente a donna di grande amore e rispetto per il prossimo (la vediamo persino fare un discorso sull’importanza della gentilezza nell’epilogo del film): come è possibile che suo figlio, futuro padre di Julian, sia diventato talmente superficiale e arrogante da lavarsi le mani di fronte al bullismo esercitato da Julian nei confronti di un altro bambino? Wonder: White Bird non offre spiegazioni. Potremmo pensare che Sara abbia litigato col futuro padre di Julian; ma questo non è possibile, visto che film non accenna mai a nessun evento del genere. Potremmo pensare che la sua ineguagliabile educazione non abbia mai intaccato sul figlio; il film però non ce lo spiega. Per non rispondere a questo interrogativo e onde evitare complicazioni, l’opera di Marc Foster evita (non a caso) di mostrarci i misteriosi genitori del giovane.
Nel passato di Sara sono comunque ravvisabili momenti narrativamente notevoli. Nonostante questo sia un film dal forte impatto emotivo che mira tanto a reiterare all’infinito il già detto, vi è in particolare una bellissima scena di comunione per nulla scontata. Questa fa leva sulla bravura del giovanissimo Orlando Schwerdt, che si lancia in una commovente interpretazione slapstick: intenzionato a far sorridere la protagonista, nascosta all’occhio delle SS nel suo fienile, il giovane cavaliere performa Charlie Chaplin e la sua bellissima camminata a pinguino… con tanto di baffetti, ovvio! Tale scena è entusiasmante e poetica al contempo, perché in essa è racchiusa una dolce cartolina al mondo del cinema. Tempi moderni è infatti l’ultimo film che Sara ha visto prima delle leggi raziali: Chaplin ha dunque chiuso un ciclo di giovinezza e ne ha aperto un secondo, questa volta di amore e dolore.
In conclusione, al di là di questo bel richiamo al cinema come salvezza, Wonder: White Bird è un’opera religiosa e moralizzante fino al midollo che deve e fa star bene. Non è brillante di inventiva e scioglimento, ma è sicuramente un film dal profondo impatto sociale volto a sensibilizzare su questioni che ancora oggi devono essere portate alla luce.
Al cinema dal 4 Gennaio.