Sherlock Holmes è di sicuro uno dei personaggi letterari più noti al mondo. Nato dall’immaginazione di Arthur Conan Doyle che nel 1887 pubblicò il romanzo A study in Scarlet, il detective inglese ha attraversato tutte le epoche e le geografie del mondo, continuando a essere centrale in molti dibattiti e pubblicazioni: si pensi agli innumerevoli adattamenti audiovisivi, ai fumetti, ai videogiochi, ai romanzi apocrifi e ai gadget. Una produzione inarrestabile che riempie le edicole, le librerie, i negozi e che continua a garantire longevità a un mito immortale.
L’investigatore inglese si è ormai fissato nel nostro immaginario con una fisionomia peculiare, suggerita da simboli come la pipa ricurva, il copricapo da caccia e l’elegante vestaglia da camera. Una caratterizzazione poco fedele e distante da quella pensata dal suo ideatore. Così Sherlock Holmes viene descritto attraverso le parole di Watson in A Study in Scarlet:
<<Era alto più di un metro e ottanta, e talmente magro da sembrare ancor più allampanato. Lo sguardo era acuto e penetrante, a parte i succitati periodi di torpore, e il suo affilato naso aquilino conferiva al viso un’espressione decisa e attenta. Anche il mento, pronunciato e quadrato, denotava una persona dal carattere volitivo >>[1].
In questo passo descrittivo e in tutti gli altri presenti nel canone holmesiano, vengono evidenziate l’altezza, l’asciuttezza corporea e lo sguardo acuto ma sono pressoché assenti molti dei principali riferimenti simbolici che investono costantemente Holmes nell’audiovisivo. Viene dunque spontaneo chiedersi da dove derivi l’immagine del detective a cui siamo abituati. La prima apparizione di Holmes al cinema in linea con quello che sarà il suo profilo tipico, risale al 1916, quando l’attore e drammaturgo americano William Gillette [2] (1853-1937) prestò la sua interpretazione dell’investigatore in Sherlock Holmes [3] di Arthur Berthelet, prodotto dalla Essanay Film e distribuito dalla V-L-S-E.
Si potrebbe dire che l’anello di congiunzione tra la rappresentazione letteraria e quella cinematografica fu proprio William Gillette che aveva lavorato a teatro sul personaggio per più di quindici anni. Gillette indossò i panni del Holmes per la prima volta nel 1899 allo Star Theatre di Buffalo a New York dove debuttò con Sherlock Holmes, uno spettacolo teatrale frutto di un lavoro di patchwork di alcuni racconti pubblicati da Conan Doyle fino al 1893 [4].
È sulle travi del palcoscenico quindi, grazie al contributo di Gillette, che si profilò l’arrogante detective con la pipa e il cappello da caccia che tutti conosciamo. Riprendendo il portamento e l’eleganza del personaggio Doyliano, l’attore stabilì che il suo Sherlock Holmes avrebbe sempre indossato il deerstalker, il cappellino da caccia con la doppia visiera e l’ulster, una mantellina tipica del periodo vittoriano. Questi due elementi erano stati già introdotti da Sidney Paget, illustratore delle avventure dell’investigatore per lo Strand Magazine, ma erano stati utilizzati saltuariamente, solo quando le indagini conducevano Holmes fuori città [5]. A questi due elementi aggiunse inoltre una vestaglia damascata che sostituiva il consunto e macchiato soprabito dal colore grigio topo della narrativa; la Calabash, una pipa ricurva differente da quella descritta da Conan Doyle, dal bocchino lungo e dritto [6]; e infine, la celebre affermazione “Elementare Watson!”, mai presente all’interno del canone ma diventata ormai l’espressione più nota del detective [7]. Gillette fece quindi di Holmes una maschera facilmente riconoscibile al pubblico alla prima occhiata. Non poteva immaginare che lo avremmo riconosciuto così anche dopo un secolo.
Il grande successo dello spettacolo convinse la casa di produzione Essanay Film Manufacturing Company a investire su un lungometraggio ispirato a questo, scritturando proprio Gillette [8]. La pellicola del 1916 [9] quindi deve essere considerata un’opera spartiacque: il cinema grazie alla sua capacità di fissare nel tempo l’immagine in movimento ha consacrato la caratterizzazione gillettiana di Holmes e ha dato avvio a una lunga tradizione. In fondo quello di Holmes non è l’unico caso in cui il cinema ha legittimato le riconfigurazioni di personaggi letterari elaborate a teatro: la stessa sorte, per esempio, toccò a Dracula [10] e Frankenstein [11].
Dal 1916 quindi molteplici sono gli attori del piccolo e grande schermo che consapevolmente o involontariamente si sono ispirati al lavoro di Gillette per le loro interpretazioni di Holmes. La vestaglia damascata usata da Gillette anche davanti al cinematografo, fu ripresa dagli interpreti successivi che scelsero di indossarla davanti alla cinepresa come indumento da camera: in particolare si ricordi Ellie Noorwood, che nei suoi quarantasette film – girati tra il 1921 e il 1923 – ne usò un modello molto simile a quella dell’attore teatrale.
La pipa ricurva e il deerstalker invece furono fissati definitivamente su pellicola dallo Sherlock Holmes più visto e amato del cinema, Basil Rathbone. L’attore britannico che fu protagonista di quattordici film, duecentodiciotto trasmissioni radiofoniche, un’opera teatrale e uno sceneggiato per la televisione, ebbe quindi il merito di eternizzare la maschera gillettiana.
Le introduzioni di Gillette tornarono a vestire anche Peter Cushing, interprete di Holmes in The Hound of the Baskervilles (1959) diretto da Terence Fisher e prodotto per la Hammer Film, e nella serie televisiva, Sherlock Holmes della BBC (1968); Christopher Lee, che ha ricoperto i panni di Holmes nel 1962 in Sherlock Holmes und das Halsband des Todes, e tra il 1991 e il 1992 in Sherlock Holmes and the Leading Lady e Incident at Victoria Falls; John Neville che ha recitato in A Study in Terror (1965); Robert Stephens in The Private Life of Sherlock Holmes (1970); Roger Moore in Sherlock Holmes in New York (1976); Christopher Plummer in Murder by Decree (1980); Ronald Howard nelle trentanove puntate di Sherlock Holmes, prima serie TV americana (1954-1955) sulle avventure del detective; Nicholas Rowe in Young Sherlock Holmes and the Pyramid of Fear (1986); Michael Caine in Without a Clue (1988). L’investigatore gillettiano appare, in tutte le sue varianti, anche nel cinema d’animazione. Oltre a Sherlock Hound (1981), un anime televisivo inizialmente prodotto da Hayao Miyazaki, in cui Holmes è un segugio antropomorfo, si pensi anche a The Great Mouse Detective (1986) prodotto dalla Disney [12].
Tale caratterizzazione si è radicata a tal punto che anche i prodotti contemporanei che si rivolgono a un pubblico di massa – poco avvezzo alla tradizione romanzesca e teatrale, e abituato a operazioni di moderna riconfigurazione – non possono esimersi dall’attingere a quell’immaginario. È la ragione per cui anche in un prodotto originale come Sherlock (BBC, 2010-2017), che colloca le avventure di Holmes nella Londra di oggi, le introduzioni dell’attore americano resistono. A distanza di cento anni quei simboli, seppur diluiti nel corso della narrazione, definiscono anche il detective di Benedict Cumberbatch che, come Gillette, assume cocaina e indossa il copricapo dalla doppia visiera. L’esigenza di richiamare a quell’immaginario ha portato alla realizzazione di un episodio speciale, The Abominable Bride (2016), che torna a collocare le investigazioni alla fine del XIX secolo e omaggia quella maschera teatrale nata nel 1899.
[1] Doyle A. C. (2018). Uno studio in rosso, trad. it. ed. a cura di Giancarlo Carlotti, Milano: Feltrinelli p. 21.
[2] Cfr. Zecher H. (2011). William Gillette, America’s Sherlock Holmes. Bloomington, IN: Xlibris Corp.
Fu uno degli interpreti e drammaturghi principali del suo tempo. La sua carriera si estese per circa sessanta anni, dal 1873 al 1936, raggiungendo il massimo della popolarità negli ultimi due decenni dell’Ottocento con Held by the Enemy (1886) Secret Service (1896) e Sherlock Holmes (1899).
[4] Lo scrittore aveva “ucciso” il suo personaggio nel 1893 con il racconto The Final Problem, Gillette ebbe a disposizione tutte le vicende di Holmes pubblicate dal 1887 al 1893.
[5] Pointer M. (1976). The Sherlock Holmes file. London: David & Charles. p. 10.
[6] Doyle A. C. & Gillette W. (2010). Sherlock Holmes, trad. it. ed. a cura di Alessandro Gebbia e Monica Meloni, Roma: Studies in Scarlet n.5, p.9.
[7] In The Croocked Man e in The Hound of Baskervilles ricorre solo la dicitura “Elementary!”. A rendere immortale la frase di elaborazione gillettiana sarà poi il primo film sonoro sul detective, Sherlock Holmes (1932) con la regia di William K. Howard e con Clive Brook nelle vesti del protagonista.
[8] Prima dell’uscita del film, si generò un clima di attesa fremente, incentivata dall’editoria. In Inghilterra venne pianificato il più grande programma pubblicitario realizzato per una pellicola in Gran Bretagna.
[9] L’opera fu il soggetto alla base di altre quattro trasposizioni cinematografiche: Sherlock Holmes (1922) diretto da Albert Parker con John Barrymore; Conan Doyle’s Master Detective Sherlock Holmes (1932) di W. K. Howard; The Adventures of Sherlock Holmes (1939) di Alfred L. Werker con Basil Rathbone; Sherlock Holmes (1981) di Peter H. Hunt con Frank Langella.
[10] Cfr. Skal, D. J. (2004). Hollywood Gothic: The tangled web of Dracula from novel to stage to screen. New York: Farrar, Straus and Giroux.
Il vampiro elegante e aristocratico in vestito da sera e mantello dal colletto alzato, molto diverso dal Dracula di Stoker (1897) nacque a teatro nel 1924 grazie a un dramma di Hamilton Deane. Approdato a Broadway nel 1927, la nuova immagine del vampiro fu incarnata da Bela Lugosi che successivamente interpretò lo stesso ruolo per il grande schermo in Dracula di Tod Browning (1931).
[11] Cfr. Marchetti M. (2019). The journey of the mute Frankenstein of Thomas Potter Cooke: Towards a language for a new science in Medicina nei secoli: arte e scienza, Vol.31 N.1. Roma: Sapienza Università Editrice, atti del convegno I Medici e i Poeti. Musica, Teatro e nuova Piscofisiologia tra 800’ e 900’, a cura di Bellavia S., Rostagno A., Palmieri S.
Da un romanzo di Mary Shelley, la Creatura conquistò il teatro nel 1823 con la riduzione teatrale Presumption! or The Fate of Frankenstein diretta da Richard Brinsley Peake. Interpretato da Thomas Potter Cooke, il mostro venne tratteggiato, a differenza del romanzo, vittima di un irrimediabile mutismo. L’incapacità di comunicare resterà caratteristica longeva della Creatura, rappresentata silenziosa nelle più celebri trasposizioni audiovisive.
[12] Per una disamina approfondita delle pellicole su Holmes si veda Barnes A. (2011). Sherlock Holmes on Screen: The complete film and TV history. London: Titan Books.