Di What Do We See When We Look at the Sky? (trailer) se ne è già parlato tanto all’interno dei circuiti festivalieri. Passato in rassegna all’interno della sezione Encounters del Festival di Berlino e in concorso alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, il film del regista georgiano Alexandre Koberidze (qui anche voce narrante, montatore e sceneggiatore del film) ha conquistato molti consensi, premi e si sta per preparare al grande salto: l’uscita su MUBI, il 7 gennaio. Certo, come si noterà durante la visione, l’idea di Koberidze è quella di ricreare un’esperienza di visione “in sala” del film, con una suddivisione della storia in parti (con tanto di aggiunta del cartello che segnala la fine del primo tempo). Ma senz’ombra di dubbio, il merito di una piattaforma quale è MUBI, oltre alla riflessione critica che sta dietro la selezione di titoli “del genere”, sarà quello di far arrivare al grande pubblico un bel film come questo.
Il film è ambientato a Kutaisi, seconda città più importante della Georgia. Giorgi e Lisa si conoscono per caso, scontrandosi ad un incrocio. La scena si ripeterà, più volte, prima che i due ragazzi decidano di darsi un appuntamento per il giorno successivo. Nessuno dei due rivela molto di sé, tanto presi da questo amore a prima vista. Folgorazione, tra l’altro, saggiamente “occultata” da Koberidze: prima attraverso l’inquadratura dei loro piedi poi da un campo lunghissimo.
Ma “certe cose [semplicemente] accadono”. Giorgi e Lisa cadono vittime di una strana maledizione che li farà risvegliare con volti e corpi diversi. I ragazzi, pur arrivando puntuali al loro appuntamento, non si riconosceranno. C’è un altro dettaglio: i due non sanno più svolgere la loro professione (Giorgi è un calciatore, Lisa una studentessa di medicina che lavora in farmacia). Nella città, intanto, imperversano i preparativi per i mondiali di calcio (non si sa a quale edizione il film faccia riferimento, sappiamo solo della passione per l’Argentina e per Lionel Messi) e una troupe si prepara per girare un film che parli di alcune coppie.
What Do We See When We Look at the Sky? è, probabilmente, l’opera di cui più potremmo avere bisogno in questo momento. Una fiaba (perché di questo stiamo parlando) che, pur in maniera velata, ragiona sul cinema a trecentosessanta gradi. Basti pensare alle scene di apertura e chiusura del film, alle citazioni a L’uscita dalle fabbriche Lumière e a Roma città aperta (e di conseguenza, al significato che le inquadrature originarie hanno assunto negli anni). Ma anche al calcio, che qui si collega al cinema per il legame con la tradizione, per l’unione di un pubblico di fronte uno schermo, per la nostalgia (Un’estate italiana). E il pallone, poi, altri non può essere in questo disegno che il perfetto correlativo oggettivo.
Infine, What Do We See When We Look at the Sky? (o “screen”, verrebbe da dire) è anche un’operazione meta-cinematografica. Uno stream of consciousness fuori luogo e fuori campo per la materia di riferimento, attinente più al linguaggio del documentario, del reale, che alla finzione. Nei momenti in cui si esce dai limiti di Kutaisi – il fiume Rioni, gli altipiani limitrofi – trovano spazio, infatti, divagazioni sul senso di girare (“Cosa posso dire a mio figlio? Che ho fatto dei film?”), soprattutto di fronte alla crescente brutalità dell’uomo. Ma dove il film sembra lasciare il passo alla disillusione, allo stesso tempo ritrova se stesso proprio attraverso i suoi mezzi, in quel movimento di macchina finale verso l’alto, quel semplice gesto che ci fa guardare con speranza al futuro.