Nel suo ultimo lungometraggio, Voci d’oro (trailer), disponibile su MioCinema dal 24 aprile, il regista israeliano Evgeny Ruman unisce all’elemento autobiografico la ricostruzione storica degli eventi, la passione per il cinema e il rapporto di coppia. I due protagonisti del film sono due ebrei sovietici che si renderanno partecipi del flusso migratorio verso lo Stato d’Israele che, dopo la caduta dell’URSS, coinvolse migliaia di persone. Raya e Victor vivranno una vera e propria rinascita, che parte dalla ricerca di un nuovo lavoro fino ad arrivare alla consolidazione del rapporto matrimoniale.
È un film che vive di una profonda passione per il cinema da parte di Evgeny Ruman che si esprime tramite lo sviluppo narrativo dei due protagonisti e del nuovo mondo che li circonda. I due sposi hanno lavorato per una vita come doppiatori in Unione Sovietica, donando la propria voce ai più grandi attori e attrici occidentali. Hanno funto da ponte tra la cultura occidentale e il pubblico sovietico in un periodo delicato e complesso come quello della Guerra Fredda.
Il sottotesto cinematografico si fonde con il racconto della coppia, in una fase di declino e totale apatia dopo trent’anni di vita personale e lavorativa condivisi. Il personaggio di Raya, interpretata da Maria Belkin, riscopre la passione grazie alla sua nuova professione, nella quale sfrutta il proprio punto di forza, la sua voce d’oro, per creare degli stimoli nuovi per l’insolito pubblico e per sé stessa.
Il posto presso il telefono erotico mette Raya a stretto contatto con i clienti, le loro eccitazione e, nel caso specifico di Gera, interpretato da un grandissimo Alexander Senderovich, le loro vite personali. Ruman accosta, con una sottile vena ironica, il doppiaggio con il nuovo lavoro di Raya; in entrambi i casi, l’artista sfrutta la propria voce per suscitare delle forti emozioni nel pubblico. Il contatto diretto di Raya con lo spettatore, che presumibilmente ha perso o con il quale non si è mai confrontata, fa riscoprire nella donna l’ardere della passione e delle emozioni.
Lo stesso avviene, anche se con tempistiche più dilatate, con Victor, interpretato da Vladimir Friedman. Egli è stato un importante lavoratore nella filiera cinematografica e grande appassionato della settima arte, cosa che si può notare dai suoi continui riferimenti a Federico Fellini.
Victor vorrebbe lavorare alla radio o a teatro, ma il nuovo contesto dello Stato d’Israele non gli permette di avere una remunerazione. La sola opportunità concessagli legata al suo precedente lavoro si trova in un videonoleggio illegale sotterraneo indirizzato alla sola comunità sovietica. I proprietari incaricano Victor di registrare con una videocamera le proiezioni cinematografiche in maniera del tutto illegale, favorendo il mercato sotterraneo che ha sempre contrassegnato la storia del cinema. È come se il nuovo contesto avesse annebbiato l’amore provato da Victor per il cinema, costringendolo a preferire un’occupazione deleteria ma remunerata anziché qualcosa di ricreativo per la propria persona.
A questo punto pare anche doveroso constatare che l’intero film si componga di una natura strettamente felliniana. Il comparto visivo, caratterizzato dalla fotografia di Ziv Berkovich e il trucco ad opera di Carmit Buzaglo, riportano alla memoria l’estetica tipica del cinema di Fellini. Lo sviluppo interiore e narrativo dei due protagonisti ripercorre le fasi di una crisi di coppia, portandoli alla separazione. Ma l’esperienza rigenerante vissuta nell’ora e mezza della pellicola aiuta la coppia a ricercarsi e sostenersi.
Il rapporto tra Victor e Raya, in questo caso anche amoroso, fin dalla prima scena dell’arrivo all’aeroporto, è similare a quello visto nel film del 1985 Ginger e Fred tra i due omonimi protagonisti, interpretati rispettivamente da Giulietta Masina e Marcello Mastroianni. Infine, l’aspetto fisico e il carattere della stessa Raya ricordano quelli di molti personaggi interpretati da Masina nei film di Fellini. Gelsomina, Cabiria, Giulietta, Ginger: il personaggio di Raya racchiude tutto questo.