L’anno è lo stesso. Nel 1931 la MGM produce Mata Hari diretto da George Fitzmaurice, un film costruito su misura per la sua star più importante, Greta Garbo. La Paramount risponde con Dishonored, con la rivale Marlene Dietrich, giunta quell’anno dalla Germania per competere con il successo del film della MGM. Disonorata viene diretto da Josef von Sternberg e affronta gli stessi temi: l’intrigo, lo spionaggio, la seduzione femminile. Per la conferenza “Arriva la Spia” del ciclo di incontri #AddioalleArmi collaborazione tra l’Università La Sapienza e La Casa del Cinema, ho realizzato un videoessay confrontando le donne protagoniste che interpretano la figura della spia. Con l’uso dello split screen ho voluto creare un effetto di confronto, sia per gli sguardi che per i movimenti. Praticamente, una sfida a colpi di primi piani.
La figura della spia nella storia del cinema è sempre legata al genere maschile ma nella prima guerra mondiale, periodo in cui nacquero le spie “moderne”, troviamo Mata Hari, pseudonimo di Margaretha Geertruida Zelle, famosissima agente segreto olandese e danzatrice. Le spie donne all’interno del cinema si rifanno al tema della femme fatale. La donna fatale, tipico del genere noir, è in un equilibrio precario fra intrighi e doppi giochi di seduzione, il suo unico destino però è la morte. Sia Marlene, la spia X27 in Disonorata tra le vie di Vienna, che Greta in Mata Hari a Parigi, sono considerate delle traditrici e accettano questa condizione per rimanere fedeli agli uomini che amano. Entrambe sono condannate alla morte. La femme fatale ha assunto nuovi significati attraverso gli studi di genere, potremmo quindi rileggere la potenza della donna protagonista del genere noir come una rappresentazione della’ansia di castrazione maschile. In questo modo la morte è l’unica soluzione per risanare la società Le figure sia di Marlene, atea, bisessuale più volte fotografata vestita da uomo sia di Greta, riservata e dalle amanti misteriosi, si allontanano dallo stereotipo di diva che compiace il pubblico maschile senza sconvolgerne i valori. Le due protagonisti quindi seducono attraverso il corpo carnale, Mata Hari che danzando ammalia con i suoi movimenti sinuosi e attraverso lo sguardo incantantore, come una Medusa che pietrifica: «aveva quello sguardo involontariamente amoroso e voluttuoso che turba tutti gli uomini e ne accende d’improvviso la brama» (Il Piacere, D’Annunzio)
Il dualismo Greta/Marlene era molto percepito anche tra il pubblico degli anni Trenta. Il magazine di cinema Photoplay nel numero di novembre del 1931 scrive che la battaglia tra le due bionde della Paramount e della MGM è iniziata. Marlene, attrice dalla Germania viene vista come l’antagonista della famosa diva del sonoro. Nel trafiletto troviamo però un opinione di Leonard Hall, giornalista di Photoplay, a favore dell’attrice tedesca: «Pensate che la Dietrich sembri la Garbo – che stia cercando di assomigliare alla Grande Garbo? Avete ragione, è bionda, bellissima, misteriosa e seducente. Ma ci sono molte altre questioni. Noi sosteniamo che Marlene Dietrich sia Marlene Dietrich e non una copia altrui!»