#Venezia81: The Room Next Door, la recensione del film di Pedro Almodóvar

« Non accetto che qualcosa di vivo muoia », dice Ingrid (Julianne Moore) in The Room Next Door (trailer), primo lungometraggio in lingua inglese di Almodóvar dopo i due corti-esperimenti The Human Voice (2020) e Strange Way of Life (2023). Ingrid ha scritto un libro sulla morte; ne è spaventata, la trova innaturale. Poi Martha (Tilda Swinton), sua amica stretta, le chiede di starle accanto per un mese, al termine del quale porrà fine alla sua esistenza con una pasticca comprata sul dark web, prima di cominciare un nuovo ciclo chemioterapico. E Martha, reporter di guerra per il New York Times, di corpi senza vita ne visti tanti, probabilmente. Ma la paura adesso è la perdita di concentrazione e, il suo cruccio maggiore, la memoria che la abbandona. Ormai sembra chiarito il fil rouge che lega molti dei film presentati a Venezia 81: un’altra volta tutto ruota attorno a corpi che mutano e alle memorie di un passato col quale confrontarsi.

«È presto per definirti fantasma» dice Ingrid a Martha mentre guardano la città dalla finestra, in una scena che ha in sé dell’esoterico. Ma Martha è pronta, invece, per diventare uno spirito vagante, il fantasma di un cinema passato al quale Almódovar si vuole rifare, da Persona di Bergman, a Memoria di Weerasethakul. Era nel film del cineasta thailandese che Tilda Swinton seguiva un misterioso, fantascientifico suono, riuscendo tramite il viaggio – e attraverso i frammenti di storie individuali – a costruire una storia collettiva, una memoria, appunto.

E qui la memoria, ľarchivio, non è un dispositivo elettronico come in Cloud, è più vicino al quelľoltre-mondo trascendentale esplorato da Weerasethakul. Si parla di guerra in Vietnam (ancora una volta di reduci, il marito di Martha era distrutto tanto quanto il Travis Bickle di De Niro), in Afghanistan, in Iraq, poi di Covid, di chi cammina nel vuoto e non ha più interessi per le cose, del mondo che va a rotoli. Come può una persona che contiene tutto questo morire?

Le due si stabiliscono in una bellissima casa isolata, colorata e piena di simmetrie. Se la porta della stanza di Martha è aperta, non sarà successo niente. Alla fine arriva la figlia, uguale a Martha, (sempre Tilda Swinton), una figlia eterna, – The Eternal Daughter (2022) di Joanna Hogg -, un fantasma che (ri)torna e non muore mai. The Room Next Door potrebbe benissimo essere, infatti, il prequel del film della cineasta britannica.

E alla fine la neve cade sui vivi e sui morti, mentre vari colori, che indirizzano alľospedale di Cemetery of Splendour, si alternano nei titoli di coda.

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