Love, presentato in Concorso alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, è un manuale di sopravvivenza all’amore di coppia. Tra le corsie di urologia dell’ospedale di Oslo Marianne e Tor si aiutano a vicenda per capire come gestire le proprie vite sentimentali. Lei, una persona allegra e molto risoluta, inizia a scoprire le alternative alla convenzionalità a cui è sempre stata sottoposta dalle amicizie di una vita. Lui, giovane e libero, esplora la bellezza della creazione dell’intimità con un singolo partner.
Il punto di vista è molto interessante, offre una prospettiva non scontata su come approcciarsi a questo mondo con meno paranoie e più leggerezza. Il problema però di questo film risiede nell’assenza del conflitto dei personaggi. Se infatti da un punto di vista morale i concetti sono interessanti, è più difficile da spettatore appassionarsi alla storia. I due protagonisti sanno sempre cosa fare, affrontano tutto con il sorriso. I pochi dubbi che si riservano si sciolgono con troppa facilità attraverso dei dialoghi sicuramente splendidi e scorrevoli, ma privi di mordente.
Il risultato di questa narrativa è difatti quello che sembra una trasposizione audio video di una guida per cuori in subbuglio. Il lato romanzesco è inutile e maltrattato. Tutti i problemi sono lasciati ai personaggi secondari che interagiscono con i nostri eroi senza macchia. Le preoccupazioni sono degli amanti, degli amici divorziati, delle amiche in crisi con il lavoro. Loro due invece restano apparentemente imperturbabili, statuari.
Il discorso più gradevole si crea invece con la città di Oslo. I suoi simboli spiegati come una rappresentazione della sessualità sono un punto di vista esplicitato in maniera naturale e coerente. Più di tutto, però, quello che si sarebbe sperato fosse il vero protagonista ma che, purtroppo, non lo diventa mai: il traghetto. È sul trasporto pubblico infatti che nascono gli amori più liberi, questa enorme nave nel quale ci si incontra con stranieri e ci si interagisce nella speranza di ricavarne un attimo di tenerezza. C’è persino chi sceglie di restare a navigare, facendo avanti e indietro, perché lì è più facile l’approccio ad anime sole.
Questo mix di pregi e difetti relega Love nel terribile limbo dei film carini. Le qualità ci sono, l’approccio esplora davvero a fondo le dinamiche di cosa vuol dire amare e amarsi nel 2024 e lo fa uno sfondo complesso, una città che sembra respirare e vivere. Purtroppo però i difetti non possono essere ignorati, l’intreccio non esiste o meglio non può interessarci. Sicuramente esistono persone così in pace con sé stessi e con il mondo ma non sono le storie che vogliamo sentirci raccontare. Dove sono i drammi? Probabilmente altrove, lontani da questo Nord Europa sempre più dipinto come il paradiso terrestre.