#Venezia81: Los años nuevos, la recensione della serie di Rodrigo Sorogoyen, Sara Cano, Paula Fabra

Los años nuevos recensione serie Dasscinemag

Attenzione! Questa non è una serie sull’amore, o almeno in parte. Los años nuevos è la storia di Ana (Iria del Río) e Oscar (Francesco Carril), lei la prima nata dell’anno, lui l’ultimo dell’anno prima. È il capodanno del 2016, il loro primo incontro e il loro compleanno. Due anime unite in un legame indissolubile si intrecciano in un racconto lungo un decennio.

La struttura della serie è semplice, ma proprio per questo funziona. Ogni episodio ci dipinge sempre la stessa giornata, sempre un anno dopo rispetto a dove ci eravamo lasciati in quello precedente. Lui è un dottore internista dagli occhi tristi, lei una donna curiosa e intraprendente che vuole mordere la vita, scoprire, esplorare, conoscere la felicità. Entrambi hanno i loro difetti in quanto esseri umani: uno l’impossibilità di fidarsi, l’altra quella di trovare una stabilità. Ecco che così si crea questo rapporto, una cellula impazzita che rimbalza attorno ad un nucleo inamovibile ma estremamente fragile.

Los años nuevos si potrebbe definire come la Normal People per trentenni. In entrambe, infatti, ciò che viene rappresentato è una coppia che il pubblico vuole vedere insieme ma che le vicissitudini portano ad essere distanti. Noi scopriamo i tasselli delle loro vite attraverso piccoli indizi tralasciati in quelle giornate così particolari che fanno sia da resoconto che da apertura per i nuovi propositi. Un puzzle da ricostruire, accompagnati per mano, nel quale i pezzi si incastrano con facilità. Chi osserva non deve fare sforzi enigmistici perché tutto quanto torna.

Ogni anno la tradizione de las doce uvas de la suerte prova ad essere rispettata. Dodici chicci d’uva, uno per ogni rintocco di campana prima della mezzanotte, ognuno corrisponde ad un desiderio e ad un mese dell’anno successivo. Ma, piano piano, le speranze affievoliscono. A volte non si riesce e ci si rassegna, altre non si hanno desideri, altre ancora ci si accontenta di un paio. I protagonisti crescono, o meglio cambiano. Le responsabilità crollano addosso e si accumulano come macigni. Quando la schiena non regge si litiga, per poi lasciarsi, per poi riprendersi. Noi come spettatori prima speriamo in una loro storia di coppia a lieto fine, poi appassionandoci iniziamo a sperare semplicemente che possano essere felici ed avere una bella vita. È proprio per questi motivi che questa non è una serie sull’amore. Il tema principale di questo prodotto così teatrale, che suda realtà dai pori delle parole dei personaggi, è la ricerca di noi stessi dove l’altro è solo un mezzo per imparare a conoscersi e migliorarsi.

Le situazioni le conosciamo e per questo ci colpiscono. Ogni frammento della vita di Ana e Oscar ci ricorda un qualcosa della nostra vita, le sfighe e i dolori come le gioie e le soddisfazioni. Loro sono un insieme dei frammenti delle nostre storie in quanto incredibilmente umani. Los años nuevos è divisa in due parti. Il primo lustro è quello della scoperta, dei sentimenti vivi e accesi che illuminano la stanza. I due protagonisti sono ancora ragazzi che al futuro ci pensano ma solo come ad un qualcosa di positivo. Il secondo invece lascia spazio a qualcosa di nuovo. Ed è proprio spazio la parola chiave; il vuoto che intercorre tra i due e il tentativo continuo di provare a riempirlo. La divisione, quindi, non è solo pratica ma anche sentimentale. Nella prima metà occhi lucidi, pianti di tenerezza e magoni infiniti. Nella seconda il vuoto, una mancanza incolmabile. Non si piange più (o quasi) ma si scava nella solitudine, quel buco profondo senza apparenti vie di fuga.

Rodrigo Sorogoyen firma ancora una volta un prodotto che non si può perdere, una carrellata di dieci giornate che significano una vita ma scorrono in un secondo. I protagonisti siamo noi, prendiamo la vita in mano, strappiamola e godiamola appieno, ma teniamo il telefono distante per un po’: non sia mai che venga voglia di richiamare il proprio ex!

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