Il sangue permea la terra del deserto e la rende fertile per la nascita del mondo moderno. Horizon: An American Saga, con il suo secondo capitolo, continua l’epico racconto della genesi degli Stati Uniti d’America e delle maledizioni che ne infestano le fondamenta. L’epopea western di Kevin Costner, progetto dalla vita produttiva piuttosto travagliata, ha trovato nell’81esimo Festival del Cinema di Venezia una valida occasione per mostrare in anteprima la sua seconda parte. Nel frattempo, è stata confermata la produzione degli ultimi due capitoli della saga, che dunque avrà fortunatamente la possibilità di portare a termine la sua storia.
In questo secondo film è ben chiara, forse anche più che nel primo, la visione che Costner vuole proporre in merito alla storia del suo Paese. L’America, la terra delle speranze, getta le sue basi su una serie di crimini e stermini che non può essere ignorata, in quanto riflette le proprie conseguenze sul mondo contemporaneo. Il problema principale intorno al quale ruota questo secondo capitolo, infatti, è l’assenza di regole, la mancanza di una legge che permetta una coesistenza pacifica tra gli individui. I tanti protagonisti di questa vicenda corale, di fatto, devono far fronte al lato oscuro della libertà: l’ingiustizia che, inevitabilmente, invade l’animo di ogni uomo e condanna il mondo al caos. È una situazione di guerra perpetua, in cui la vita di tutti si muove su una lastra di vetro rischiando di precipitare da un momento all’altro.
Purtroppo, questo secondo capitolo non riesce a convincere tanto quanto il suo predecessore – forse anche per via di una sensazione di novità che qui, ovviamente, è assente – né ad avere la sua stessa potenza emotiva. Sia chiaro, ciò non vuol dire che Horizon: An American Saga – Chapter 2 sia deludente o noioso. Anzi, il sottotesto civile e morale dell’opera è ben leggibile e sempre interessante nelle sue manifestazioni ed è bello ritrovare i protagonisti lasciati qualche mese fa. Il problema fondamentale sta nello spazio eccessivo concesso a moltissimi personaggi comprimari, alcuni dei quali inediti, i quali non sono strutturati, nel carattere e nei fatti, in modo da appassionare quanto i principali. Inevitabile conseguenza è che anche i protagonisti, da Kevin Costner a Sienna Miller, da Sam Worthington a Michael Rooker, manchino del piglio che avevano nel primo film.
Fa eccezione la linea narrativa che vede come protagonista Matthew Van Weyden (Luke Wilson), che mette in scena in modo molto avvincente la condizione di homo homini lupus di cui si è già discusso. Nella carovana di Van Weyden nessuno è al sicuro e sta alla comunità intera, in assenza di un codice legale, decidere le sorti di chi compie malefatte. Tra i compagni di Matthew, Owen Kittredge (Will Patton) e la sua famiglia, ai quali è dedicato larghissimo spazio, si rivelano personaggi sorprendentemente interessanti e capaci di legare con lo spettatore tanto quanto i protagonisti. Inoltre, dopo una prima ora di film che ha evidentemente poco da dire, è molto soddisfacente iniziare a vedere come i pezzi di questo enorme puzzle inizino a combaciare. È necessario ricordare che tutti i personaggi condividono una meta comune: Horizon, la città del futuro. Pertanto c’è da aspettarsi che i loro destini arriveranno ad incrociarsi prima o poi, un’eventualità di cui questo secondo capitolo fornisce solo un assaggio.
Tirando le somme, il secondo capitolo di Horizon: An American Saga – Chapter 2, non raggiunge affatto la potenza di cui gode il primo capitolo, ma di certo risulta una storia appassionante e fornisce una prospettiva più che valida sul passato americano. Sperando che i prossimi capitoli, i quali si preannunciano più ricchi di azione, arrivino presto, è sempre bene ribadire che la saga di Horizon è una produzione di dimensioni mastodontiche e per nulla semplice da gestire. Pertanto, sono da lodare il coraggio e l’ambizione di Kevin Costner nel portare alla luce un progetto di questo livello, mantenendone la qualità costantemente ottima.