#Venezia81: Cloud, la recensione del film di Kiyoshi Kurosawa

La solitudine gli è sempre di peso. Egli è l’uomo della folla. (Ľuomo della folla, Edgar Allan Poe). Di corpi che mutano ne abbiamo già visti, qui alľ81ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Quello di Maria Callas e la sua voce trasformata, di Catherine Ravenscroft (Disclaimer), segnata sul volto e nel fisico dal tempo passato, o quello di Remo Manfredini (El Jockey), prima uomo ora donna, da organismo a entità fantasma. Ma nel nuovo film di Kiyoshi Kurosawa, figlio del presente tecnologico e lontano dagli inquietanti spiriti volatili di Pulse, il cambiamento fisico passa dalla digitalizzazione della memoria, e da quel processo che rende le carni degli inaccessibili circuiti.

Ryosuke Yoshii, un bagarino digitale, compra e rivende online – tra borse contraffatte e modellini da collezione – sotto nome di Ratel, il tasso del miele, un mammifero schivo, che vive o solitario o in coppia e che reagisce ferocemente solo se attaccato. Alla ricerca di una vita migliore, si trasferisce con la fidanzata, un’inaspettata dark lady, in una casa di campagna, lontana da Tokyo, grigia, più vicina ad un grande hard disk, che a una casa vera e propria, un dispositivo di memoria dedito all’archiviazione, all’elaborazione e alla trasmissione dei dati/oggetti da rivendere. Ľautoma Ryosuke Yoshii gestisce le operazioni dal suo computer, finché un gruppo di “hater” – prima commenti, soltanto dopo volti – non si organizza per uccidere la sua attività, e solo allora il tasso del miele, aiutato dall’assistente Sano, potrà reagire violentemente.

È impossibile definire se il mondo di Cloud (trailer) sia reale o un luogo costruito su codici. Certo è che gli automi, in questo mondo algoritmico, si muovono, freddi, finché gli uomini-meccanici non giacciono a terra, in atmosfere ozuiane incrociate ad una follia di Tsukamoto, e appare uno spiraglio di umanità, non nei soggetti, ma negli ambienti eterei del bellissimo finale. È Chiara Valerio a parlare in La tecnogia è religione di un (i)cloud come promotore dei ricordi: foto, album personalizzati, automatizzati, divisi in sottogruppi, che diventano ricordi. Ma sono ricordi analitici, non emotivi. Così attraverso il bagarinaggio, Kurosawa prosegue il discorso sulla memoria e sull’archivio, essenziale per il cinema contemporaneo, come fosse un videogioco neo-noir o un cyber-western.

La digitalizzazione, tanto utile quanto pericolosa, porta alla solitudine apparente. Invece Ryosuke Yoshii, il tasso del miele, (animale tra ľaltro associato alla prima cryptomoneta Bitcoin per la robustezza della sua rete), non è solo, è un uomo della folla, una folla digitale, quella che compra senza vedere.

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