Trionfa a Venezia 2024 nella sezione Classici e come miglior documentario Chain Reactions di Alexandre O. Philippe, cineasta svizzero con alle spalle ottimi documentario su David Lynch, George Lucas, William Shatner ed il mondo di Alien. Il film di Philippe si concentra sull’opera seminale di Tobe Hooper, The Texas Chainsaw Massacre, che ha letteralmente cambiato il modo di pensare il cinema horror in occidente. Ad aiutare il regista in questo viaggio su uno dei film più emblematici del cinema di genere post new Hollywood ci sono nomi eccellenti della regia o della critica cinematografica come Stephen King, Miike Takashi, Patton Oswalt, Karym Kusama e Alexandra Heller-Nicholas.
Un percorso molto ben articolato sulla storia del cinema americano indipendente e sulle influenze che l’opera ha prodotto nel resto del mondo, contaminando registi come George Miller per il suo primo Mad Max o la carriera del poliedrico Miike, che con film come Ichi the killer o Audition, ha usato l’influenza di Hooper per portare il cinema giapponese in nuovi territori del tutto inesplorati. La tesi di Philippe e gli interventi dei suoi ospiti ci portano ad una visione politica e disturbante del film di Hooper che esplora la trasformazione dell’America da un mondo ancora legato al sottoproletariato fino all’operaio d’industria, una condizione in cui non tutti gli americani della profonda provincia riescono ad identificarsi.
La storia esplora simbologie bibliche o mitologiche classiche rielaborate secondo un linguaggio crudo e diretto dove il cannibalismo diventa rivalsa sociale e vendetta anticapitalista e la figura del personaggio di Leatherface un tentativo di ricostruire il tessuto unitario della tradizionale famiglia americana fino ad indossare la pelle di una madre pur di ricreare almeno l’illusione apparente dell’immagine tradizionale della famiglia usa e del sogno americano. Insomma, nella perversione della famiglia antropofaga di Hooper ci sarebbero i pilastri della cultura americana, deformati, deviati dalla loro natura originale, tramutati da componenti di un sogno a quelli di un incubo.
Se non bastassero gli interventi illuminanti degli esperti, a fare da padrone sono prima di tutto le immagini del film di Hooper che vengono messe a confronto con le opere dei registi venuti dopo di lui e che denunciano con estrema chiarezza le influenze che il film americano ha esercitato su generazioni di cineasti venuti dopo gli anni 70′. Chain Reactions è di per se un saggio, una preziosa lezione di cinema audiovisiva che sa costruire con precisione e consapevolezza un percorso di assimilazione divertente come un film e stimolante come una masterclass.