The Banshees of Inisherin (che sarà distribuito in Italia col titolo Gli spiriti dell’isola) era di certo uno dei film più attesi di questa 79° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, per quanto più in ombra rispetto ad altri titoli dall’attrazione gridata e mondana. E in effetti il fascino dell’opera di Martin McDonagh, sbarcato in Concorso al Lido, possiede una forza quieta e indiretta, e forse per questo più profonda ed efficace.
Da Venezia ci spostiamo su un’altra isola, sulla brulla e desolata Inisherin, a largo delle coste irlandesi. Le sue nude scogliere fanno da sfondo alla storia di Padraic (Colin Farrell) e Colm (Brendan Gleeson), due vecchi amici che trascorrono insieme le giornate all’ombra di una guerra lontana che si fa sentire, oltre il mare, ma mai vedere. Il loro rapporto si interrompe, da un giorno all’altro, quando il più anziano Colm decide di non voler più parlare con l’amico. Padraic non ci sta, cerca spiegazioni, non trova motivi a questo gesto. Ma il pover’uomo non ha i mezzi per farlo, è un po’ tonto, un bonaccione, e per questo Colm lo considera noioso. Non ha più tempo da perdere con lui. Ed è così risoluto nella rottura da promettere conseguenze estreme se Padraic non lo lascerà in pace.
The Banshees of Inisherin è una storia universale sull’insensatezza del conflitto tra gli uomini. Lo spettro della guerra in lontananza serve da cornice semantica per le vicende dei due protagonisti, due amici che senza un vero motivo razionale, senza un preavviso, finiscono l’uno contro l’altro. Se in un primo momento il film sembra voler giustificare questa empasse, presentando le possibili ragioni dietro l’allontanamento di Colm da Padraic, con il procedere del conflitto l’assurdità dei suoi gesti non può che essere, nella sua insensatezza, pienamente significante. Dietro ad una commedia nera, capace a più riprese di strappare sincere risate grazie alla sua rara brillantezza, si cela una parabola sull’amicizia e sui conflitti umani, sull’istinto sociale dell’uomo e sulla sua irrazionalità.
Il rapporto che così viene a crearsi tra Padraic e Colm è quello di una polarità degenerativa, che altera i due personaggi portandoli quasi inconsapevolmente a sovvertire le proprie fondamenta. Colm, uomo colto e razionale, desideroso di dedicarsi alla musica, allontana Padraic perché ha paura di essere “appiattito” dalla sua compagnia, ma di fatto è la sua ostinazione nell’avversarlo che gli impedisce di suonare. Al contrario è proprio Padraic a subire una trasformazione a causa dell’altro, toccato nella sua semplicità dall’abbandono e dall’ostilità dell’amico. Personaggio caricaturale e farsesco, schietto e innocuo come un pezzo di pane, finirà per indurirsi a tal punto da disprezzare se stesso scivolando nell’assurdità delle conseguenze.
Dopo 14 anni da In Bruges, il regista Martin McDonagh torna a lavorare con la stessa coppia di protagonisti. E in un certo senso i due film condividono un’anima simile, nella storia di due uomini che da un rapporto amichevole sviluppano uno scontro. Come nel citato predecessore, in The Banshees of Inisherin i dialoghi hanno un ruolo centrale, anzi costituiscono di fatto quasi tutta l’azione che avviene nella storia. Brillanti e perfettamente ritmate, le battute dei personaggi sembrano seguire uno spartito maestralmente orchestrato, in cui ogni personaggio costruisce una sinergia di tempi e pause con il suo interlocutore. Grazie alla centralità dei dialoghi, il film riproduce l’assenza di azione in un luogo isolato dal mondo, nel quale la conversazione, il parlare con gli altri, costituisce tutto ciò che le persone possiedono. Un’opera che in questo modo riflette anche sulla deriva contemporanea del confronto orale, contrapponendo ad un oggi pieno di cose da fare un ambiente vuoto e morto, una storia in cui i personaggi non fanno altro che parlare ad un presente in cui la comunicazione personale (almeno quella dal vivo) è sempre più rarefatta.
Con The Banshees of Inisherin Martin McDonagh porta in Concorso una delle opere più compiute di questa stagione veneziana, un film i cui dialoghi scorrono musicalmente catturando lo spettatore con il loro ritmo incalzante e la loro freschezza. Colin Farrell e Brendan Gleeson danno poi il meglio di sé nei panni dei due protagonisti in conflitto, in una affascinante e perturbante commedia che mette a nudo l’assurdità dei conflitti umani.