Oliver Stone, ancor prima del controverso Nuclear, presentato Fuori Concorso alla 79° Mostra del cinema di Venezia, è da sempre una personalità ribelle del cinema statunitense. I suoi documentari puntato prima di tutto sul coraggio del tema e sulla sfacciataggine delle domande a personaggi che l’America canonicamente considera pericolosi se perfino non nemici pubblici. La sua carriera di sceneggiatore è folgorante e ricca di contenuti difficili per lo spettatore medio americano, nonché di temi scomodi che lo hanno reso uno dei nomi politicamente più trasgressivi del panorama hollywoodiano. Le sue opere di finzione non sono da meno dei suoi lavori da documentarista o sceneggiatore.
Quella di Stone è una personalità controcorrente che sceglie temi scomodi ma di sicuro impatto come il lato oscuro della guerra del Vietnam con Platoon o i retroscena più morbosi o illegali della finanza americana con il film Wall Street o infine i casi eterni e irrisolti della storia contemporanea americana come JFK.. Questa sua natura provocatoria e contro corrente lo ha sempre spinto ad affrontare temi particolari che spesso gli hanno fruttato successo ed un aura di regista ribelle e pericoloso. Stone ha raccontato in due documentari la figura di Fidel Castro ed ha affrontato in una miniserie Vladimir Putin anticipando molti argomenti che sono poi giunti alla ribalta con la guerra in Ucraina che lui prevedeva esplicitamente davanti a Putin durante le riprese.
Stone presenta ora a Venezia Nuclear, un inaspettato documentario a favore dell’energia nucleare che punta a distruggere tutti i luoghi comuni ambientalisti sul tema e a dimostrare che le più grandi tragedie nucleari hanno prodotto meno vittime degli incidenti provocati dal trattamento degli idrocarburi. Il film è stato scritto a quattro mani con il professore e giornalista Joshua S. Goldstein, laureato a Stanford e con un dottorato al MIT. Goldstein è anche autore del libro A Bright Future che ha ispirato il documentario, scritto insieme Staffan A. Ovist. Il libro su cui Stone basa il suo film è stato molto acclamato dai quotidiani finanziari occidentali ed è considerato uno degli strumenti più efficaci per la difesa del nucleare come risorsa più sostenibile ed ecologica. Il regista, coadiuvato da slide animate (davvero troppe per un film) e testimonianze scientifiche sostiene che ogni alternativa ecologica agli idrocarburi sia troppo costosa, precaria e poco efficace rispetto all’utilizzo dell’energia nucleare.
Stone inoltre critica le nazioni che hanno deciso di farne a meno o che hanno avviato la chiusura delle proprie centrali. Sebbene le risorse rinnovabili non vengano condannate, esse sono dichiarate troppo deboli per garantire un futuro roseo per l’umanità. Nuclear, in tutte le sue proiezioni, ha provocato una costante uscita di spettatori che hanno trovato la posizione di Stone troppo schierata verso il nucleare e troppo didascalica nella sua esposizione. Indubbiamente anche questa volta il regista americano ha mostrato la sua trasgressività e la sua natura controversa con un film dall’indubbia professionalità e forse, sebbene schierato, dotato di una certa trasparenza. Ma il risultato finale è davvero troppo didattico e ridondante, lasciando poco spazio di respiro ad uno spettatore che avrebbe forse bisogno di qualcosa di più accogliente per prendere in considerazione una tesi così opposta al pensiero comune.