Come ha detto la stessa regista Caterina Cavalli, la protagonista di Amanda è una moderna Pippi Calzelunghe: anche lei indossa sempre una divisa, anche lei ruba un cavallo, ma a differenza della sua controparte bambinesca Amanda (Benedetta Porcaroli) è adulta, con il carattere forte e una costante rabbia da sfogare tipica di una giovane donna un po’ immatura. La caratteristica connaturata nella ragazza è fondamentalmente una: l’antipatia. Sempre con una risposta pronta e irriverente, mai in grado di accettare quello che le viene detto dagli altri, Amanda è talmente antipatica con chi gli sta intorno da risultare irresistibilmente simpatica per lo spettatore.
L’altro lato che caratterizza la ragazza è poi la solitudine. Non ha amici e non ne ha mai avuti, non ha un ragazzo, va al cinema da sola e la sua irriducibile indolenza le impedisce di cercare persone da conoscere. La sua è una vita di passatempi, senza un lavoro o un vero interesse, in cui Amanda sembra passare da un contesto all’altro quasi come se il suo unico obiettivo fosse riversare la propria impertinenza su chiunque le capiti a tiro. Eppure, nonostante il suo carattere, gli amici sono la cosa che più desidererebbe avere.
Ecco allora che, inaspettatamente, Amanda scopre qualcosa di nascosto nel suo passato: da piccola aveva effettivamente un’amica, poi persa dopo essersi trasferita altrove. Comincia così la sua missione, nel tentativo di conquistare con ogni mezzo la compagnia di Rebecca (Galatea Bellugi), a sua volta sola e isolata costantemente nella sua stanza.
<<Non mi succedevano le cose belle perché non avevo nessuno a cui raccontarle>>, afferma la voce fuori campo della protagonista durante il film. Perché Amanda e Rebecca vivono un comune problema di incomunicabilità, non sono in grado di parlare con la propria famiglia, di comunicare i propri sentimenti. Questa difficoltà è espressa, nel caso della protagonista, da una costante scontrosità e diffidenza, dalla sua smania di dover sempre avere l’ultima parola. L’amicizia con Rebecca nasce dunque come atto di trasgressione alla propria vita, quasi per capriccio più che per volontà sincera.
Sbarcato alla Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti Extra, Amanda emerge quasi come un corpo estraneo rispetto alle produzioni nazionali a cui siamo abituati. Un film atipico, stravagante tanto nel tono quanto nella storia, che non si prende mai veramente sul serio durante il suo percorso. Questo perché, citando nuovamente la ragazza, <<non c’è bisogno di essere formali>>. E forse la bellezza della pellicola è da ricercare proprio nella sua avversità alla tendenza di un certo cinema italiano alla seriosità, un cinema troppo formale e perciò artefatto e rarefatto. Amanda, come la sua protagonista, si presenta invece in tutta la sua irriverenza, all’interno della quale sembra esserci spazio per tutto tranne che per la normalità.
Ogni personaggio pare uscito da una caricatura, portato all’eccesso e quasi grottesco, ma proprio per questo dotato di una innegabile freschezza. La Cavalli, che nasce come sceneggiatrice, ha una cura per i personaggi estrema, li accarezza con delicatezza quali primogeniti della sua opera prima. Questo senza sminuire l’operazione registica, che trasforma Torino in una sorta di Midwest americano, con la protagonista nei panni di una esploratrice di paesaggi asettici e irreali, ambienti che hanno una valenza concettuale più che descrittiva, con l’obiettivo di trascrivere visivamente la solitudine dei giovani personaggi.
Amanda insomma è un film francamente sorprendente, non tanto per quello che ha da dirci quanto per la sua capacità di intrattenere, di fornirci una visione eccentrica e fresca. Un plauso infine al giovane cast (in cui figura l’esordio da attore di Michele Bravi), in particolare ad una Benedetta Porcaroli che veste i panni di una giovane sagace e irriverente con la comodità di chi indossa i propri.