La serata conclusiva della 18° edizione del Tuscia Film Fest ha avuto l’onore di accogliere il regista Jonathan Nossiter, l’attore esordiente Kalipha Touray e il pluripremiato attore svedese Stellan Skarsgård per la presentazione di Last Words (trailer), l’ultimo film della carriera da regista di Nossiter. Il regista statunitense, infatti, ha deciso di abbandonare la carriera da regista per coltivare la sua vera passione, ovvero l’agricoltura. Ed è proprio nel territorio della Tuscia, precisamente nei pressi del Lago di Bolsena che Jonathan Nossiter ha trovato la sua oasi ideale: <<Per tanti anni ho cercato il paradiso, ma poi sono venuto qui. Nel mondo non c’è bisogno del paradiso, c’è bisogno della Tuscia>>. A Jonathan Nossiter viene successivamente consegnato il premio dedicato a Luigi Manganiello, storico presidente della Banca di Viterbo scomparso nel 2014, da parte di Paolo Manganiello e l’assessore alla cultura della città di Viterbo Marco De Carolis.
Poco prima della proiezione del film presentato in concorso al Festival di Cannes 2020, agli ospiti viene riservato un ultimo regalo da parte di un viterbese DOC in trasferta a Torino: un videomessaggio di auguri da parte del neocampione d’Europa Leonardo Bonucci e la consegna da parte del padre, Claudio, della maglietta dell’Italia a Stellan Skarsgård.
Il film ci introduce ad uno scenario post-apocalittico. Siamo nel 2086 e una grande alluvione ha inondato il pianeta, sterminando la quasi totalità della popolazione mondiale. I superstiti sono pochi. Fra di loro c’è un giovane ragazzo di cui non sappiamo il nome, interpretato da un’eccellente Kalipha Touray, alla sua prima esperienza cinematografica, rimasto solo nella città di Parigi, ormai irriconoscibile e rasa al suolo. Ormai completamente solo, il giovane decide di intraprendere un viaggio a causa di un oggetto, a lui sconosciuto, che ha attirato la sua curiosità. Un sottile e leggero nastro di plastica nero perforato sul quale sono impresse delle minuscole fotografie in sequenza: non è altro che una pellicola cinematografica. Nella scatola che la conteneva è scritta la parola “Bologna”, città alla quale egli è diretto. Il suo viaggio parte all’insegna della speranza e della curiosità.
Il suo esodo è reso estremamente bene dagli elementi scenografici e dalla fotografia post-apocalittica. L’ampiezza incontenibile degli spazi aperti, all’interno dei quali non c’è più nessuna forma di vita: vegetazione, animali, acqua. Tutto è raso al suolo e la prima immagine che viene nella mente dello spettatore è quella dell’esodo compiuto dai migranti nei continui flussi migratori in giro per il mondo. Lo stesso Nossiter si è espresso a riguardo: <<Al centro del film e dell’incarnazione del film c’è la storia di Kalipha Touray (immigrato a sedici anni dal Gambia nella città di Palermo) e di tutti quelli che hanno avuto il coraggio di affrontare il viaggio di esodo e di fuga da situazioni difficili. Quelli che affrontano un viaggio tra la vita e la morte. Tutti noi della troupe abbiamo avuto da imparare dall’esperienza di Kalipha>>.
Arrivato a Bologna, dopo aver attraversato la terra prosciugata del fiume Po, il giovane incontra un ultracentenario, interpretato da un grandissimo Nick Nolte, custode di una cineteca dove egli conserva e proietta per la sua gioia pellicole di altri tempi. Insieme intraprenderanno un ulteriore viaggio alla ricerca degli ultimi uomini rimasti sulla terra, situati ad Atene; la comunità, composta di poche centinaia di persone, comprende i personaggi di Stellan Skarsgård, Charlotte Rampling, Alba Rohrwacher e Silvia Calderoni.
A differenza di molti film post-apocalittici, nei quali risiede sempre un barlume di speranza, Last Words si distacca per un forte senso di rassegnazione da parte dei superstiti. Ogni sopravvissuto sa che l’umanità è destinata ad estinguersi e, vivendo nell’accettazione di questo, conducono una vita improntata alla sopravvivenza. L’anziano personaggio di Nick Nolte, soprannominato successivamente Shakespeare, viveva allo stesso modo, con l’unica differenza della presenza del cinema/arte. Il cinema ricopre un ruolo fondamentale all’interno del film, soprattutto quando si rapporta con lo spettatore.
Quando il giovane entra nella cineteca di Shakespeare egli non conosce il mezzo cinematografico, riportando il rapporto tra spettatore, proiezionista e film proiettato ad un livello primordiale. Nei primi anni di vita del cinema gli spettatori credevano di assistere a qualcosa di magico e il proiezionista veniva visto come una sorta di stregone. La fascinazione, mista al timore per la novità, era indirizzata semplicemente al mezzo, più che al contenuto. Il fatto di vedere persone che si muovevano sullo schermo era qualcosa di impensabile.
La stessa cosa avviene all’interno di Last Words, anche quando il giovane e Shakespeare portano e proiettano le pellicole alla comunità di superstiti: le loro espressioni sono un misto di paura, spavento, fascinazione e ammirazione. <<Quando guardo una chiesa antica, piena di affreschi bellissimi, mi metto nei panni di chi ammirava quegli affreschi e non vedeva colori per le strade. Non c’erano immagini, pubblicità, cartelloni. Era un mondo senza immagini. Se si riesce a mettersi nella mente delle persone del tempo, capiamo quanto un semplice gesto poteva apparire grandioso. Era un miracolo>>, aggiunge Jonathan Nossiter.
Il cinema ha un’altra funzione fondamentale: quella dell’unione delle coscienze. Nonostante la rassegnazione consolidata dei superstiti, il cinema, che nel film rappresenta anche l’arte in generale, è un qualcosa che riesce ad unire le persone e a trasformarle in una comunità. Nonostante le poche persone rimaste siano consce della morte prossima, l’esperienza cinematografica funge da cerimonia catartica e unificatrice delle coscienze.
Forse, però, la funzione più importante che il cinema assume in Last Words è quella della memoria. Il cinema è un mezzo in grado di riesumare i fantasmi e i ricordi del passato, in grado di rapportarsi con la morte e di custodire il presente. Infatti, il giovane, nel suo viaggio verso Atene, si assegna una missione di fondamentale importanza: dovrà registrare, con le pellicole vergini rimaste e una cinepresa, le memorie dei superstiti, in modo tale da non perdere la memoria delle persone e dell’essere umano.
La serata prosegue con il Q&A tra gli ospiti e il pubblico, grazie alla moderazione di Giacomo Nencioni. Dopo i vari interventi sulla produzione del film e l’esperienza degli ospiti, si è molto parlato della situazione pandemica e il rapporto del regista con la natura. Grazie alla condivisione delle esperienze di Stellan Skarsgård, Kalipha Touray e Jonathan Nossiter, il festival si conclude al meglio.