Quello che stupisce della docuserie Netflix Tiger King (trailer), è non sapere dove finisca la realtà e inizi la finzione. E’ come se Harmony Korine e Quentin Tarantino avessero fatto un film insieme inventando un universo di criminali e tossicodipendenti amanti del trash, e di “brave persone” ancora più grottesche e inquietanti. Ma la storia dei proprietari di grandi felini degli Stati Uniti, raccontata attraverso lo sguardo disincantato e ironico (ma sempre umano) degli autori Eric Goode e Rebecca Chaiklin, è assolutamente reale.
La fauna degli appassionati di grandi felini è davvero singolare. Ci sono ex narcotrafficanti che “ai bei tempi” imbottivano i pitoni di coca per farli passare alla frontiera; ci sono improbabili uomini d’affari che usano i cuccioli di tigre per rimorchiare ragazze a Las Vegas; c’è anche chi gestisce il suo zoo privato come una setta, con tanto di harem di mogli pagate 100 dollari a settimana. E poi c’è Joe Exotic, un personaggio talmente fuori dagli schemi che poteva uscire solo dalla penna di madre natura: proprietario di uno dei più grandi zoo privati di felini in America, Joseph Schreibvogel Maldonado-Passage è un redneck omosessuale, poligamo, amante dei vestiti sgargianti e delle armi, con svariati problemi di dipendenza, che ad un certo punto della serie si candida anche alla presidenza degli Stati Uniti (poi fortunatamente ha vinto Trump…).
L’acerrima nemica di Joe è Carole Baskin, attivista per i diritti degli animali con la passione per gli abiti animalier, nonché proprietaria di un rifugio per grandi felini ereditato dal marito, scomparso in circostanze poco chiare. La Baskin accusa Joe di maltrattare i suoi animali e inizia a sabotare i suoi spettacoli con i cuccioli di tigre, innescando una vera e propria guerra. Così inizia l’assurda epopea di Tiger King, durata ben cinque anni nei quali è successo veramente di tutto.
Quello che era iniziato come un documentario per denunciare lo sfruttamento degli animali selvatici, alla fine diventa un’indagine sulla specie umana e il suo rapporto con il potere. Perché in fondo è di questo che si tratta: il traffico e lo sfruttamento di questi animali frutta ai loro proprietari milioni di dollari. Ma c’è anche il potere che Joe Exotic e gli altri esercitano sulle persone che lavorano per loro, spesso a malapena retribuite, e sui visitatori dei loro zoo, sfruttando il fascino incredibile di questi animali. Interagire con una tigre o con un leone è, ha detta di molti dei protagonisti di Tiger King, una delle esperienze più intense della loro vita, una scarica di adrenalina che li ha fatti sentire potenti, padroni.
In questa docuserie c’è tutto: c’è la fiction, con colpi di scena e delitti irrisolti da rischio spoiler; c’è lo spaccato di un’America sommersa che vive ai limiti della legge e delle regole del buon senso; c’è il trash da reality show dei personaggi che davanti all’obiettivo si mettono in mostra, godendosi quel momento di celebrità. Ma c’è anche il dramma che una vita così spinta ai limiti porta inevitabilmente con sé, e soprattutto c’è la critica al sistema che ancora permette tutto questo. Negli Stati Uniti, dove il possesso di animali selvatici è assolutamente legale, ci sono più tigri in cattività che libere in tutto il resto del mondo. Ma la parabola discendente di Joe Exotic sembra stia, per fortuna, cambiando le cose.
Già con Wilde Wilde Country, la docuserie sulla comunità fondata da Osho in America, Netflix aveva aperto le porte a questo nuovo genere che potremmo definire documentario di intrattenimento. Un modo innovativo di raccontare “il reale”, contaminato da altri linguaggi narrativi, come la fiction e il reality show, che si dimostra sempre più interessante e al passo con i tempi.