Quattro anni dopo l’incidente di Santa Carta, riparte un’altra serie di enigmatici omicidi ai danni di suore e preti che portano Suor Irene (una bravissima Taissa Farmiga) a intraprendere una nuova indagine a Tarascon, in Francia. Mentre il primo film è stato presentato come un prequel di Conjuring 2, The Nun II (trailer) funge da ponte tra i due film. Qui le catene di Valak (la suora demoniaca) sono state allentate, lei si dimostra decisamente più attiva e presente rispetto al film precedente, e finalmente scopriamo da dove arriva, come si è manifestata nel mondo e qual è la serie di eventi sinistri che ha inflitto alle vite di molti/e prima che la famiglia Warren la condannasse all’inferno.
Nel primo The Nun, Sister Irene riesce a sopravvivere alla terribile prova di Valak, insieme a Padre Burke (Demian Bichir) e Maurice Theriault (Jonas Bloquet); tuttavia, nell’ultima scena, veniamo a sapere che Maurice è stato posseduto: le basi del sequel sono poste. The Nun II aumenta l’orrore e mette in scena immagini più brutali e inquietanti, già dalla prima sequenza. Il film inizia con una scena violentissima di un prete bruciato vivo davanti a un bambino innocente (nel terzo atto vedremo una scena molto simile, ma con un interessante ribaltamento). Qui abbiamo una dichiarazione di intenti che manifesta tutto ciò che ci potremmo aspettare da un film dell’universo di The Conjuring: il male in agguato da qualche parte nell’oscurità, un onnipresente senso di terrore, rumori misteriosi, e un’atmosfera gotica e spettrale. E, naturalmente, i jump scare (troppo spesso prevedibili), che sono stati – e sono – il pane quotidiano di questa saga. Inoltre, Valak non è l’unico demone che vaga in The Nun II, poiché un diavolo simile a Baphomet si dimostra altrettanto sinistro e pericoloso.
L’atmosfera inquietante amplifica la tensione, complici molte scene in luoghi oscuri, in particolare la fatiscente e pericolante vecchia cappella del collegio – che si rivelerà fondamentale per la risoluzione del film. Alla fine trovano risposta anche molte domande del primo capitolo, come quella sulla capacità di Valak di diffondere la sua malvagità attraverso lo spazio e quella su come siano ordinate le varie connessioni tra i capitoli della saga (a fine articolo vi svelo come poterli guardare seguendo un ordine cronologico). Facciamo un passo indietro. Dopo la raccapricciante morte del prete, la chiesa vuole espressamente che sia Suor Irene – riluttante e sensitiva, esattamente come Lorraine Warren – a indagare sull’omicidio misterioso. Irene viene raggiunta dalla sorella Debra (e non più da padre Burke; anche questa è una novità interessante che indagheremo a breve) per assisterla nelle indagini, che le portano in un collegio femminile in Provenza: si tratta proprio della stessa scuola in cui Maurice, il contadino franco-canadese che ha salvato la vita di Irene nel primo film, lavora come tuttofare e giardiniere – e dove sta facendo crescere i semi di pomodoro ricevuti in dono da Irene alla fine del primo film.
Il regista Michael Chaves lavora su una sceneggiatura di Ian Goldberg insieme a Richard Naing e Akela Cooper (quest’ultima meglio conosciuta per aver scritto Malignant e M3GAN), e sceglie di dividere il film in due segmenti, che nel terzo atto andranno a confluire: nel primo seguiamo le indagini di Irene e Debra e il loro avvicinamento alla scuola; nel secondo conosciamo i personaggi che abitano il collegio femminile. In quest’ultimo frammento abbiamo anche un subplot romantico e familiare che vede Maurice affezionarsi all’insegnante Kate e a sua figlia, Sophie.
Uno degli aspetti più vincenti nel film, per molti altri versi debole, è la rappresentazione di un mondo femminile variegato, che – senza salvatori uomini – riesce a sconfiggere il demone. È anche molto interessante notare che in The Nun II la possessione demoniaca coinvolge un uomo che verrà salvato da una comunità di donne riunitesi per combattere il male – in questo senso il prete (e non un donna/strega) che brucia nel prologo prende tutta un’altra connotazione. Si è quasi sempre ritenuto che le donne, e le ragazze in particolare, avessero maggiori probabilità di essere possedute poiché la società patriarcale le ha sempre percepite e rappresentate come più fragili e irrazionali degli uomini e più inclini per natura a permettere l’ingresso di spiriti e demoni. Alcuni sistemi di credenze ritenevano addirittura che certi spiriti
potessero possedere solo le donne, al netto delle loro caratteristiche di genere. Quindi, il rapporto delle donne con il paranormale è stato a dir poco doloroso, dentro e fuori la sala.
Nel primo The Nun tutto dipende dalla giovane futura suora, Irene. Poiché è vergine e incarna la purezza che ci aspettiamo dal topos, si tratta chiaramente di una final girl abbastanza classica (chi può essere meno interessata a sesso e alcool di una suora?). Irene esprime la propria libertà d’azione, e sono proprio le sue visioni che la portano alla vittoria su Valak. Irene non è quindi solo una spalla, sebbene il prete che l’accompagna incarni una saggezza e un potere superiori, forte della sua esperienza e posizione all’interno della chiesa. Vediamo qui donne e miti che si liberano dalle catene del patriarcato e rivendicano non solo il diritto alla propria sessualità e femminilità, ma anche a difendere quello in cui credono. Ciò che le definisce non sono più i loro corpi, ma le loro convinzioni. La guida saggia però ancora non spetta loro: il mostro che dà il titolo al film unisce i cliché del mostruoso femminile e della ragazza posseduta, evocando il ruolo delle donne di molto cinema horror degli ultimi 100 anni. Irene nel primo film sconfigge la diavolessa sputandole in faccia del sangue (il sangue di Cristo? Il sangue mestruale? O il sangue successivo a un primo
rapporto sessuale?).
In ogni caso, quello che conta è che Valak viene sconfitta proprio dal sangue, uno dei poteri per eccellenza delle donne. In The Nun II tutto si amplifica: Irene non è più colei che viene salvata bensì la salvatrice, e – soprattutto – non sarà più sola. Non abbiamo più una final girl che combatte in un mondo di uomini, ma un’intero gruppo di donne che hanno un solo vero superpotere: la sorellanza.
Di Ilaria Franciotti