In The King (trailer), film originale Netflix, David Michôd si confronta con William Shakespeare riscrivendolo e trasformandone alcuni personaggi chiave. La riscrittura di Enrico V non evita però il diretto paragone con chi questi personaggi li ha messi in scena al cinema prima di Michôd. Se Laurence Olivier e Kenneth Branagh hanno scelto di contare sulla solidità secolare del testo del bardo, in fondo non era solo per amore del teatro e dell’opera ma anche perchè le problematiche di attinenza storica e di credibilità narrativa venivano parzialmente eluse dalla sacralità del testo shakesperiano di per se quasi indiscutibile.
David Michôd in questi termini si espone ad un doppio pericolo: le accuse degli storici (perchè i suoi personaggi non rispettano quello che ci è rimasto dei fatti dell’epoca), e le accuse degli estimatori dei testi del bardo. In realtà, se provassimo ad ignorare questi due titanici problemi e giudicassimo The King come una puntata della serie tanto amata e odiata Game of Thrones, ci troveremmo di fronte ad un prodotto alto recitato magistralmente e diretto con la medesima qualità, di cui elogiare i costumi e le scenografie o la fotografia crepuscolare. Insomma il problema è tutto intellettuale, del resto è pur vero che solo pochi spettatori potranno capire la ragione delle licenze che David Michôd si prende rispetto al testo.
Se si conosce il passato si può comprendere il coraggio delle decisioni di David Michôd, magari senza esserne d’accordo ma pur sempre consapevoli che non sono superficialità o errori ma scelte politiche mirate. La critica etica che David Michôd fa alla guerra ed all’esercizio del potere si comprende in tutta la sua profondità solo se si hanno ben presenti le opere Enrico IV ed Enrico V e se ne riconoscono le variazioni. Il film si presta ad essere oggetto di tesi di riflessione e paragone tra il testo originale e la sua riscrittura e da questo potrebbero emergere spunti e ragionamenti stimolanti.
Il vero dubbio di chi scrive questo pezzo è verso lo spettatore che tutta questa preparazione, spesso, non la possiede e si approccia al film credendo magari che la sua attinenza con la storia documentata sia stata scrupolosa o che abbia onorato il testo teatrale. Chi scrive si immagina un ragazzo di buone intenzioni che dice per fare colpo al suo professore strafalcioni come “Falstaff fu il vero eroe della battaglia di Azincourt” mentre il professore sa che si tratta di un personaggio inventato da Shakespeare per canzonare il discendente di un rivale del suo mecenate che perfino nella finzione teatrale muore prima della famosa battaglia.
Forse una didascalia esplicativa prima dei titoli di coda avrebbe aiutato ad evitare fraintendimenti storici o culturali, ma ci si domanda se a David Michôd questa problematica interessasse o non fosse invece sua intenzione realizzare per la library di Netflix solo una variante del Trono di Spade un pò più colta e sofisticata.