Il vincitore del premio Oscar per Icarus e del premio speciale della giuria al Sundance Film Festival 2017 torna al lavoro con un documentario sconvolgente ed inquietante che fa luce sul brutale omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi e sugli inquietanti retroscena politici che caratterizzano il caso.
Non sorprende che alla fine della proiezione al Sundance Film Festival 2020 del film di Bryan Fogel The Dissident (trailer) il pubblico abbia dedicato al regista e gli ospiti una standing ovation. Il film di Fogel è di una chiarezza inquietante nell’esporre i fatti e di una precisione chirurgica nell’indicare nomi e cognomi dei sospetti e delle motivazioni politiche che hanno portato al delitto. Siamo davanti ad un film dalla forza etica e dal coraggio intellettuale davvero unici, un film pericoloso tanto per i temi quanto per chi lo ha realizzato ma al tempo stesso fondamentale per aprire gli occhi sulla situazione politica del medio oriente e sulle complicità del potere occidentale.
Il 2 ottobre del 2018 il giornalista saudita Jamal Khashoggi si reca presso il consolato del suo Paese ad Istanbull senza fare più ritorno dall’edificio. Ventiquattro ore dopo il mondo dell’informazione comincia a presidiare il luogo della sua scomparsa, di li a poco si aggiungono le forze di polizia turche ed una squadra della scientifica che permarranno davanti all’edificio fino al 20 ottobre quando finalmente l’Arabia Saudita concederà l’accesso alla polizia in Consolato. Il corpo di Khashoggi non verrà mai più ritrovato.
Fogel intervista i principali inquirenti turchi coinvolti nelle indagini, ricostruisce attraverso il loro lavoro di indagine i fatti del 2 ottobre e grazie ad una registrazione consegnata alla polizia con i dettagli sonori del sequestro, della morte e dello smembramento del corpo di Khashoggi offre uno spaccato preciso e spaventoso dei fatti avvenuti.
Fogel però non si ferma gelandoci il sangue con il dettaglio degli eventi ma ci colpisce al cuore raccontandoci il dolore della fidanzata del giornalista ed il calvario degli intellettuali fuggiti dall’Arabia Saudita e considerati dissidenti che dichiarano l’arresto e la persecuzione dei loro cari rimasti nel Paese.
Il lavoro di Fogel arriva anche alla ricostruzione dei fatti che avrebbero portato alla morte del giornalista includendo la ricostruzione delle azioni legali informatiche del movimento delle api (The Bees) che Khashoggi ha sostenuto finanziariamente. L’indagine di Fogel ci fornisce nomi e volti dei possibili responsabili del mostruoso omicidio e nella ricostruzione dei fatti arriva fino al vertice del potere saudita poichè ogni singola prova porta direttamente al Principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Khashoggi, nel corso della sua carriera aveva più volte direttamente attaccato la monarchia saudita accusandola perfino di essere responsabile diretta del fallimento delle azioni della primavera araba.
Un ritratto profondo e coinvolgente, un film emozionalmente toccante che arriva allo stomaco ma anche al cuore e che costringe ad aprire gli occhi sulla condizione di libertà di parola ed espressione in Arabia Saudita ma che sa anche puntare il dito sulle connivenze e le complicità di una parte della politica occidentale. Il film è stato direttamente finanziato dalla Human Rights Foundation.