È disponibile da giovedì 27 luglio sulla piattaforma Prime Video il nuovo war movie diretto da Guy Ritchie, The Covenant (trailer), seconda uscita del 2023 per il regista britannico dopo lo spy action Operation Fortune. In questo adrenalinico film d’azione ambientato nel 2018 durante la guerra in Afghanistan, Ritchie ha voluto dedicare l’attenzione a delle figure importanti ma raramente menzionate quando si parla di conflitti internazionali: gli interpreti, elementi chiave per i soldati americani impegnati contro nemici culturalmente differenti.
The Covenant vede infatti come protagonista John Kinley (Jake Gyllenhaal), sergente maggiore di un’unità dell’esercito americano in guerra contro i Talebani. A seguito di un attentato in cui rimane ucciso anche il suo interprete, si trova a doverlo presto sostituire con un nuovo esperto. È così che fa la conoscenza di Ahmed Abdullah (Dar Salim), un meccanico presentato come un carattere impulsivo e tendente a infrangere le regole. Durante una perlustrazione, Kinley viene ferito da un agguato nemico, mentre i suoi compagni vengono uccisi. L’interprete, sopravvissuto insieme a lui, si farà carico di salvarlo a costo di rischiare la sua stessa vita. Una volta tornato a casa, John scopre che Ahmed è rimasto in Afghanistan ed è ora ricercato dai Talebani. Decide così di tornare per portare al sicuro lui e la sua famiglia.
In confronto ai lavori precedenti del regista britannico, conosciuto principalmente per crime comedies come The Snatch, Lock & Stock o The Gentlemen, questo film si discosta particolarmente, risultando un’opera dai toni molto più seri. The Covenant, infatti, non è solamente un film di guerra: sotto la superficie dell’atmosfera bellica con cui sembra iniziare, si nascondono altri sottogeneri che emergono con il trascorrere dei minuti. Si passa ben presto dall’action al survival, per arrivare poi anche al thriller. Guy Ritchie crea un mix tra scene di combattimento e di riflessione, riuscendo a mantenere un ritmo scorrevole durante le due ore di visione.
È evidente che il fine principale del regista non fosse solo quello di girare un film su un conflitto recente nella storia degli Stati Uniti, ma, soprattutto, quello di raccontare un rapporto di solidarietà e di rispetto reciproco fra personaggi di culture diverse ma accomunati dagli stessi valori – poco prima dei titoli di coda vengono proprio riportati i significati che il termine “covenant” può assumere: «un legame, una promessa, un impegno». Se dunque si può evincere una lettura pacifista del film con una denuncia delle difficili condizioni in cui vive tutt’ora il popolo afghano, è tuttavia innegabile il riscontro di un’ulteriore critica ai propositi americani decisamente falliti (o mai portati a termine) nei confronti del Medioriente.
Tuttavia, sebbene dal punto di vista tecnico il film del regista britannico appaia impeccabile, ciò che risulta più debole è la sceneggiatura, scritta a sei mani dallo stesso Ritchie insieme a Marn Davies ed Ivan Atkinson. The Covenant, infatti, non brilla sicuramente per i suoi dialoghi e fallisce nel mettere in risalto proprio il rapporto tra i due protagonisti, come invece ci si sarebbe aspettato: dopo i primi dubbi dovuti all’estraneità fra Kinley e Ahmed, non ci sono vere e proprie scene di legame e di apertura l’uno nei confronti dell’altro che possano esplicitare realmente i valori condivisi. Anche alla fine, quando ci si potrebbe immaginare una maggiore riconoscenza reciproca, i due personaggi si scambiano solo un breve cenno con la testa, in quella che, presumibilmente, sarà l’ultima volta in cui si vedranno.
Un’occasione sprecata, dunque, per il regista britannico che, nonostante un cast valido (in cui vale la pena di menzionare anche Jonny Lee Miller e Antony Starr) rimane in bilico tra un film di guerra e un action a sfondo sociale, ma che non riesce veramente ad affermarsi in nessuno dei due, restando troppo legato alla virilità, caratteristica del genere, e precludendo così riflessioni più profonde sugli sviluppi della guerra in Afghanistan.