The Boys, la recensione della quarta stagione su Prime Video

The Boys, la recensione della quarta stagione su Prime Video

L’unico uomo nel cielo è tornato, e stavolta ha intenzione di prendersi tutto. In questa quarta stagione (trailer), infatti, Billy Butcher (Karl Urban) e i Boys dovranno impedire che Patriota (Antony Starr) porti a termine il suo piano di colpo di stato, mentre per le strade di New York infuriano proteste e scontri tra due opposte fazioni politiche. The Boys, liberamente ispirata alla graphic novel di Garth Ennis e divenuta con gli anni una delle serie di punta di Amazon Prime Video, trova da sempre la sua arma più potente nella satira contro la politica statunitense. Tuttavia, mai come in questa stagione l’opera di Eric Kripke è riuscita a ritrarre quel deviato mosaico di ideologie, divergenze culturali, paradossi sociali che è la società americana.

Come sempre, la storia di The Boys si prende i suoi tempi – e fa bene – ma proprio per questo porta con sé alcuni dei difetti già presenti nelle tre stagioni precedenti. Anche stavolta, insomma, sembra che la scrittura della serie non riesca a trovare fino in fondo un suo equilibrio, alternando momenti in cui la narrazione si fa approssimativa a tal punto da far sembrare che manchino dei pezzi, ad episodi in cui, per motivi poco chiari, si indugia su particolari apparentemente inutili. A risentire di questi aspetti negativi sono in particolare Frenchie (Tomer Capone) e Kimiko (Karen Fukuhara), i quali, nel tentativo di restituirci delle sottotrame avvincenti come altri personaggi, finiscono per ritagliarsi forzatamente dei lunghi momenti del tutto scollati dall’intreccio principale. Altalenante è la Starlight di Erin Moriarty, a capo della fazione anti-Patriota degli Starlighters, che più volte appare reiterativa nei comportamenti e nelle decisioni.

The Boys, la recensione della quarta stagione su Prime Video

Altri sono invece i personaggi che regalano emozioni intense. Tra le vecchie conoscenze spiccano Hughie (Jack Quaid), particolarmente emozionante nel suo rapporto con il padre (Simon Pegg), ed A-Train (Jessie T. Usher), impegnato una volta per tutte a redimersi dagli errori del passato. Sorprendentemente piacevoli anche le due nuove aggiunte sul fronte dei super, Sister Sage (Susan Heyward) e Firecracker (Valorie Curry); quest’ultima in particolare, facendosi paladina pubblica di tutto un groviglio di sottoculture che vanno da complottismi a posizioni religiose fin troppo ortodosse, si rivela un personaggio chiave per interpretare l’humus culturale su cui si fonda gran parte dell’America contemporanea. Ovviamente, sono Karl Urban ed Antony Starr a prendere ancora una volta le redini del cast, rivendicando un posto tra i migliori interpreti della televisione degli ultimi anni, e riconfermando Butcher e Patriota come due dei più iconici e complessi personaggi della serialità recente.

Non mancano certamente la violenza grafica e la sfrenatezza tipiche della serie che, in questa stagione, seppur raggiungendo nuovi apici di follia, sembrano avere un sapore leggermente diverso. Dopo una terza stagione all’insegna dell’eccesso, The Boys sembra quasi fare un passo indietro, riuscendo a ricalibrare il tiro e a trovare un luogo adatto a tutte le sue assurdità visive, ossia quello dell’umorismo. La nuova stagione, sotto questo punto di vista, si prende molto poco sul serio e se rinuncia agli estremi raggiunti con gli episodi passati, lo fa per risultare più divertente che mai. Ad essere più fini, e dunque più efficaci, sono anche il solito sarcasmo nei confronti degli altri universi supereroistici e soprattutto la pungente satira anti-americana che ormai è quasi un elemento strutturale della storia.

Tirando le somme, la quarta stagione di The Boys ha, come sempre, i suoi difetti narrativi, ma tutto le è perdonato nel momento in cui ancora una volta riesce a coinvolgere, emozionare e soprattutto divertire lo spettatore, peraltro in maniera più intelligente che in passato. Un finale malinconico e quasi profetico (viste le ultime circostanze politiche negli U.S.A.) prepara le carte per un’ultima resa dei conti e si pone a conclusione di una stagione che non ha pietà nel criticare gli Stati Uniti dei nostri anni e, nel farlo, regala immagini di grandissima potenza.

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