A chi non è mai capitato di sentirsi sbagliati nel proprio contesto, nella propria città? Di ritrovarsi in una realtà che ti permetteva di essere a tuo agio solo nell’opprimente conformità? La pena per queste trasgressioni erano gli sguardi, i giudizi, le imposizioni di coloro che volevano decidere per gli altri, decretando un contesto che a molti piace definire “normalità”. La storia ci insegna che è in questi casi, quando un gruppo di individui decide di non soccombere alla massa, che si creano delle collettività che trasgrediscono all’ordine sociale. Dai manifestanti hippie del Sessantotto che protestavano contro la guerra in Vietnam, ai movimenti femministi che richiedevano la parità dei sessi, tutte le forme di protesta sono accomunate da un unico elemento: la trasgressione. Ed è proprio questo quello di cui parla The Bikeriders (trailer) di Jeff Nichols, la trasgressione di un gruppo di individui e il rifiuto di una vita normale.
Era il 1954 quando Johnny (Tom Hardy), un camionista del Midwest appassionato di motori, assiste alla trasmissione in tv del film The Wild One, con protagonista un giovane Marlon Brando. Ispirato dai discorsi di quel personaggio, Johnny comincia a maturare l’idea di aprire un club motociclistico, reclutando gli scarti che la società americana aveva dimenticato, coloro che preferivano la sella di una moto alle comodità di una casa. Ed è così che ha inizio la storia dei Vandals, il club motociclistico di Chicago al centro del film. Liberamente ispirato all’omonimo libro fotografico di Danny Lyon, The Bikeriders narra il cambiamento di un’ideale di libertà che sfocia nel crimine. Al centro delle vicende, infatti, vediamo la contrapposizione di due generazioni: la prima, fedele alle idee originali di trasgressione sociale; la seconda, invece, dedita al crimine e alla violenza.
La storia dei Vandals verrà raccontata dalle foto dello studente Danny (Mike Faist), in viaggio con il gruppo per poterne conoscere ogni lato; e dalle parole di Kathy (Jodie Comer), la moglie di uno dei più importanti esponenti del club: il giovane Benny (Austin Butler). Oltre ai protagonisti, la pellicola presenta numerosi personaggi secondari interpretati da attori quali: Norman Reedus, Michael Shannon, Boyd Holbrook, Damon Herriman, Karl Glusman e molti altri.
Jeff Nichols, con la sua regia, decide di immortalare degli scatti in movimento, ispirandosi a molte delle foto presenti nel libro. L’autore cerca di restituire quel senso di veridicità, quasi documentaristica, a ciò che viene raccontato. Nonostante il contesto rozzo e violento in cui vivono i protagonisti, è impossibile non rimanere affascinati dalla potenza evocativa della realtà narrata, quella di un’America alla deriva, scissa tra un passato ingombrante e un futuro incerto. I Vandals sono solo un modo per mostrare il triste fallimento di un’ideale, la mitizzazione di un’epica ormai lontana, nella quale il mondo successivo non vi si riconoscerà. Il maggior punto di forza della pellicola è proprio questo, raccontare la nascita, l’evoluzione e la fine dell’epoca d’oro dei biker, facendolo con personaggi che sono solo uno strumento per questo scopo.
Ma è qui che il film mostra i suoi punti deboli. Nel voler raccontare la maestosità di un’intero momento storico, la pellicola perde di vista l’intimità dei personaggi e i rapporti che li legano. Questi sono narrati in maniera abbastanza superficiale, delegando la loro caratterizzazione a frasi ad effetto e scelte di dialogo non sempre felici. Come nel caso del personaggio interpretato da Austin Butler che, pur essendo il protagonista, non è mai il soggetto di un approfondimento psicologico. La sua relazione con Kathy, la passione per la moto e il carattere intemperante, sono tutti elementi che lo fanno assomigliare ad uno stereotipo più che ad un carismatico protagonista. A differenza con quanto fatto con il capo dei Vandals, interpretato da Tom Hardy. L’attore torna sulle scene impersonando un uomo minaccioso e malinconico, schiacciato dal peso della corona che porta e dal senso di inadeguatezza verso il cambiamento del mondo che lo circonda.
The Bikeriders riesce nel raccontare un’evoluzione sociale, una contrapposizione generazionale che non ha come punto di forza i protagonisti che la rappresentano. Una storia dai risvolti scontati e piena di personaggi poco approfonditi sono i difetti di un film permeato da un fascino d’altri tempi, che riporta la mente ai vecchi fasti di Easy Rider. Anni in cui un viaggio in moto, attraverso gli angoli sperduti di un’America dimenticata, era un puro atto di ribellione.
Dal 19 maggio al cinema.