Ognuno può avere la propria opinione sull’onestà di Vincenzo Muccioli e sui suoi metodi per il recupero dei tossicodipendenti, ma una cosa è certa: SanPa (trailer) sta facendo parlare molto di sé, e decisamente in positivo. L’efficace promozione ha raggiunto pubblici di tutte le età, sfruttando i media generalisti per far leva anche su coloro che, trent’anni fa, vissero tutta la vicenda “in diretta”. Senza dubbio, però, l’elemento vincente del successo della docuserie è stato il trasformare vent’anni di storia della Comunità di San Patrignano (e d’Italia) in uno sconcertante one man show sull’enigmatica, frastornante “star” della situazione: Muccioli. Una vera e propria belva da palcoscenico, che si può amare o si può odiare ma che, di sicuro, riesce a tenere tutti incollati allo schermo, sballottati tra infamia e lode. Questo risultato avvicina molto SanPa a un’altra docuserie Netflix, Tiger King, amatissimo e controverso cult dello scorso anno. Un segnale molto positivo da parte di Netflix Italia, uscito da un 2020 non proprio brillante.
SanPa – Luci e Tenebre di San Patrignano è stata prodotta e sviluppata da Gianluca Neri, autore e conduttore radiofonico. Insieme al suo team ha scandagliato ben 180 ore di filmati, tra materiali dell’epoca e interviste girate ad hoc, in un mastodontico lavoro di scrittura e di montaggio durato tre anni. Il risultato sono cinque episodi da un’oretta ciascuno, dai titoli nascita, crescita, fama, declino, caduta. La scelta di indicare didascalicamente le fasi dell’arcinoto schema narrativo rise-and-fall è tanto esplicita quanto quella di una sigla che ricorda smaccatamente l’intro di Narcos. Non c’è dubbio: Muccioli è presentato un po’come il Pablo Escobar italiano, una personalità fuori dalle righe il cui fatal flaw è stato quello di non essersi fermato quando il troppo ha iniziato a stroppiare, facendosi sfuggire di mano la sua stessa, rivoluzionaria, invenzione.
Lo scenario iniziale è idilliaco: una piccola comune autosufficiente, dove i tossicodipendenti possono riscattarsi, lavorando i poderi di una collina vicino Rimini. Negli anni ‘70 l’opinione pubblica non sembra avere molto interesse per questi paria, ben felice anzi di potersene sbarazzare così facilmente, occultandoli a riparo da sguardi indiscreti. A poco a poco la comune si ingrandisce a dismisura, di pari passo con l’ego del padre fondatore Vincenzo Muccioli, un messianico, ambiguo benefattore pronto a tutto pur di non perdere per strada neanche uno dei suoi “figli adottivi”, i tossici. Egli ci mette ben poco a diventare una star mediatica trasformando SanPa, nei decenni successivi, nell’arena politica italiana della questione droga e tossicodipendenze. L’ostinazione di Muccioli sul principio per cui “il fine giustifica i mezzi”, alla lunga avrebbe portato all’implosione della sua fama personale e di quella di San Patrignano, sotto le accuse di reati sempre più pesanti.
Qualitativamente, la serie è davvero ottima. C’è poco da obbiettare sul magistrale lavoro di scrittura, sui cliffhanger e sui picchi emotivi costruiti senza l’ausilio di voice over, sull’incredibile varietà di filmati d’epoca. Preziosissime sono le testimonianze degli intervistati, che a distanza di trent’anni dall’accaduto ci mostrano una rosa completa di prese di posizione anche contrastanti su Vincenzo Muccioli. Dal figlio Andrea, agli ex-ospiti di SanPa ed ex-collaboratori stretti Walter Delogu, Fabio Cantelli e Andrea Boschini, al vecchio amico e sostenitore Red Ronnie, ogni intervistato aggiunge sfumatura diversa al ritratto di un’ambigua figura paterna.
SanPa ha però dei grandissimi assenti: in primo luogo, Letizia Moratti. Nei titoli di coda un disclaimer ci avvisa che ella avrebbe declinato l’invito a partecipare. Questo però non giustifica il fatto che i coniugi Moratti, imprenditori potentissimi e massimi sostenitori politici ed economici di Muccioli, rimangano in SanPa sempre sullo sfondo, ritratti un po’ a tinte monocolori come fedelissimi “tirapiedi” privi di ripensamenti. Forse un’occasione mancata per un approfondimento che scavasse più a fondo, a maggior ragione poiché Letizia Moratti, neoeletta assessore al Welfare e vicepresidente della Regione Lombardia, si è dissociata da quanto raccontato nella serie.
E non è stata l’unica: a questa presa posizione si è unita nientemeno che la stessa Comunità di San Patrignano, un fatto piuttosto significativo. Non si può negare che effettivamente questa comunità, in quanto aggregazione di persone che da decenni cercano di lavorare sodo e di rifarsi una vita, portando avanti una struttura che tutt’oggi è perfettamente funzionante e ancora totalmente gratuita, semplicemente in SanPa non riusciamo mai a vederla. Essa non compare che come emanazione della personalità di Muccioli, senza di lui incapace di una vita propria, piccolo regno personale di un megalomane ormai morto e sepolto. In merito anche all’indiscutibile successo della serie, forse è il caso di porsi una domanda: è legittimo, al fine di raccontare una storia italiana noir e accattivante, giocare con la dignità di migliaia di persone?