“Ridi e il mondo riderà con te. Piangi e piangerai da solo”.
Tratto dal manga omonimo di Garon Tsuchiya e Nobuaki Minegishi, Old Boy fa parte della cosiddetta trilogia della vendetta di Park Chan-wook, iniziata nel 2002 con Mr. Vendetta e conclusa nel 2005 con Lady Vendetta.
In concorso a Cannes nel 2004 Old Boy ha ricevuto il Gran Premio della giuria presieduta da Quentin Tarantino, il quale voleva assegnargli a tutti i costi la palma d’oro. Entrambi i registi infatti sono accomunati da un uso esplicito della violenza nelle loro opere, ma non si deve credere che la brutalità rappresentata dal cineasta coreano somigli a quella del collega americano. Laddove le stragi tarantiniane sono ludiche, venate d’ironia da cartoon, qui la violenza non ha nulla di seducente, né di divertente: è disumana, atroce, brutale come il mondo che la incornicia. Old Boy infatti si presenta come un film crudo e pessimista nella possibilità dei personaggi di riappacificarsi con gli errori del proprio passato.
La trama dalle tinte noir riesce perfettamente a creare mistero e suspense. Un uomo, chiamato Dae-su, è in fermo dalla polizia per ubriachezza molesta. Un suo amico lo preleva dalla stazione con l’intento di riportarlo a casa. Mentre l’amico fa una rapida chiamata da un telefono pubblico, Dae-su scompare incomprensibilmente per quindici anni. Durante questo lungo periodo Dae-su è rinchiuso in un monolocale senza una spiegazione, senza sapere se e quando uscirà. Durante la incomprensibile detenzione è accusato degli omicidi di sua moglie e sua figlia. Dopo quindici anni Dae-su verrà rilasciato, ancora una volta senza una spiegazione, ma nei giorni successivi scoprirà cosa gli è accaduto e darà inizio alla sua vendetta.
Per quanto riguarda la regia il lavoro svolto da Park Chan Wook è eccelso; l’autore coreano ci regala sequenze articolate e virtuose come ad esempio la violenta scena di combattimento tra Dae-su ed i suoi carcerieri: la sequenza è ripresa tramite un piano sequenza di circa tre minuti con carrellata orizzontale verso ambedue i lati.
Sono numerose le scelte stilistiche degne di nota, come l’uso frequente del grandangolo, della voice off e dei flashback. La fotografia di Chung-Hoon Chung riesce a creare un’atmosfera cupa e grigia, supportata anche dalla splendida e malinconica colonna sonora. Ottimo Choi Min-sik nel ruolo del protagonista che, col suo volto duro, quasi inespressivo e coi suoi lunghi silenzi, riesce ad esprimere una sofferenza ed una debolezza atroce che si esterna in un comportamento violento ed in un desiderio di vendetta ossessivo.
Old Boy è un revenge movie complesso e machiavellico in cui la verità ha molte facce e dove nessun personaggio è completamente buono o completamente cattivo. Come insegna la filosofia orientale non c’è mai una netta dicotomia tra male e bene: persino l’antagonista del film Woo-jin nella sua follia può in qualche modo essere compreso.
“Ridi e il mondo riderà con te. Piangi e piangerai da solo”: questa la frase permeata di nichilismo che Dae-su ripete dall’inizio della pellicola e che lo accompagna nella sua forsennata ricerca, nella quale è racchiuso il senso profondo del film. Il tema principale del film è l’introspezione della vendetta con cause e conseguenze: la vendetta molte volte è salutare, quasi obbligatoria tuttavia, una volta compiuta, il dolore che ha spinto ad agire ritorna.
Alla fine la vendetta non rende migliori né peggiori ma ci lascia terribilmente uguali a prima.