
«Signori buongiorno, come vedete io, anche oggi, ho aperto gli occhi» è la frase con cui inizia Storia della mia famiglia (trailer) e incarna perfettamente quali saranno i sapori di questa miniserie. Prodotta da Palomar e distribuita da Netflix, la serie si piazza subito tra le dieci più viste in Italia grazie all’intreccio di ironia e malinconia con cui vengono raccontati i temi della morte e del lutto. Claudio Cupellini, tra i registi di Gomorra, è riuscito a creare sul set un clima così familiare che gli stessi attori, durante le interviste, hanno dichiarato di confondere tutt’oggi alcuni momenti vissuti sul set con vere e proprie scampagnate in famiglia.
Fausto (un coinvolgente Eduardo Scarpetta) è un malato terminale che vive a Roma con i suoi due figli, Libero (Jua Leo Migliore) ed Ercole (Tommaso Guidi). La serie inizia con l’ultimo giorno di vita di Fausto, sempre allegro e vitale, che si spegne circondato dall’affetto della sua famiglia e dei due migliori amici. Inizia così la storia, narrata dalla voce di Fausto, di quattro adulti inadatti costretti a stringersi, in un momento di profondo dolore, per prendersi cura dei due bambini. Gli episodi parlano singolarmente di ognuno di loro, passando dalla madre Lucia (interpretata da una commovente Vanessa Scalera), al fratello Valerio (Massimiliano Caiazzo), fino ad arrivare ai due migliori amici Demetrio (Antonio Gargiulo) e Maria (Cristiana Dell’Anna). Attraverso continui flashback si ricompongono i tasselli della vita di Fausto, segnata da un rapporto problematico con la madre, una separazione, un amore inespresso e un’assoluta mancanza di paura della morte. Storia della mia famiglia ritrae perfettamente il concetto che la famiglia ci capita, ma allo stesso tempo si sceglie.
La serie, al confine tra il dramma e la commedia, coinvolge principalmente per la bravura degli attori, che con naturalezza trasportano lo spettatore all’interno di un universo di problemi che vengono affrontati sempre nell’aiuto reciproco. La divisione degli episodi in base ai personaggi richiama in piccolo quella di SKAM, altro prodotto italiano acquisito da Netflix, che suddivide le stagioni secondo i membri del gruppo di amici. Questo approccio si rivela efficace, permettendo di esplorare al meglio i singoli universi dei personaggi. Ciò che accomuna le due serie è il linguaggio diretto e l’italianità, con Storia della mia famiglia che si concentra più sul mondo dei genitori e SKAM su quello dei figli. Ogni personaggio, quindi, porta avanti la sua battaglia, ma è sempre in vista del bene dei bambini che tutti i problemi vengono messi da parte per essere presenti come una vera e propria famiglia.

Storia della mia famiglia raggiunge il connubio perfetto tra l’estetica di un prodotto Netflix e la retorica di una fiction all’italiana, nel bene e nel male. I rapporti tra i personaggi sono esplorati fino in fondo e le loro storie personali sono coinvolgenti, come per esempio la difficoltà di Lucia nel suo ruolo di madre. Alcuni sviluppi della trama, però, sembrano dettati più dall’urgenza di promuovere la serie a tutti i costi che dalla volontà di preservarne l’originalità, che finisce inevitabilmente per essere sacrificata. Il modo in cui il protagonista affronta le difficoltà della sua situazione risulta spesso poco credibile, poiché viene presentato, anche nei flashback sulla sua giovinezza, come un’anima pia che sistema la vita di tutti i suoi familiari. Un cast con una tale potenzialità viene sacrificato e appiattito su una storia poco ambiziosa. Il risultato sfiora la banalità.
Il tema della morte compare, soprattutto nei primi episodi, in ogni scena. Viene presentato, come accennato prima, sotto un aspetto ironico, ricercando un effetto più amaro, mostrando il protagonista mentre accetta e si prepara a questo momento, aggrappandosi alla vita fino all’ultimo. Fausto lascia messaggi, scrive lettere, registra ricordi, tutto per sottolineare che la morte non debba essere una separazione, ma proprio come dopo una forte risata, il ricordo può rimanere addosso come una piacevole sensazione. In questo la chiave ironica e comica della serie, inverosimile alcune volte, gioca un ruolo importante.
Un altro tema significativo è la forte distanza, di mentalità oltre che fisica, tra il paese e la città. Ercolano è sia il luogo dove è nato Fausto, sia la bolla da cui scappa, e da cui si trascina via, uno ad uno, tutti i suoi familiari; Roma infatti sarà per ognuno di loro un’occasione per ricominciare. Inoltre, attraverso il personaggio di Sarah (interpretata da Gaia Weiss), moglie del protagonista, la storia presenta il tema dei disturbi psicologici di un’altra figura che ha avuto difficoltà ad accettare la maternità, un aspetto che avrebbe meritato un approfondimento maggiore, in quanto la difficoltà di questa donna è uno degli snodi più interessanti della trama.
In conclusione, Storia della mia famiglia non può non fare breccia nella sensibilità di chi la guarda, è lo scopo principale della serie. Questo titolo Netflix esalta la bravura di alcune eccellenze italiane, dando loro una meritata visibilità internazionale. Rimane solo il dubbio se la possibilità di collaborare con realtà come le piattaforme streaming possa rappresentare anche un’occasione per uscire da standard tematici o se invece ci sia alla base la scelta consapevole di riproporre una narrativa già usata.