Stefania Casini racconta Pietro Germi

pietro germi

Cinquant’anni fa ci lasciava il grande regista e attore genovese. Autore dei film più importanti del cinema italiano (da Il ferroviere a Divorzio all’italiana), Germi ha anche diretto, poco prima della sua prematura scomparsa avvenuta a sessant’anni, alcuni film meno apprezzati rispetto ai precedenti, tra cui Le castagne sono buone (1970), la sua penultima pellicola, interpretata da Gianni Morandi e dalla giovanissima Stefania Casini. Ne parliamo con l’attrice lombarda, sottolineando quanto il film sia ampiamente da rivalutare.

Le castagne sono buone, oltre a essere il penultimo film di Pietro Germi è anche il suo debutto al cinema. Da chi venne informata dei provini per questo film? 

Credo un agente. A quei tempi vivevo a Milano e stavo facendo a Torino uno spettacolo di cabaret con Giustino Durano. Scesi a Roma per fare il provino. Io e Sabrina Ciuffini, con la quale poi diventammo molto amiche, arrivammo in finale. Tornai a Torino e ricevetti subito un telegramma di Germi: “Non tagliarti i capelli”, mi scrisse “farai il mio film!”. A quei tempi, infatti, avevo i capelli molto lunghi. Mi fece tornare a Roma, e preparammo per almeno un mese il ruolo di Carla, la protagonista. Mi fece rivedere il provino che avevo girato, segnalandomi cosa avrei dovuto migliorare nella recitazione. 

Conosceva il cinema di Germi prima di girare il film?

No, avevo visto solo Il ferroviere, credo. A quei tempi ero molto innamorata del teatro più che del cinema italiano. Anche se, ovviamente, ero al corrente dell’importanza di Germi, e a tratti forse, ne ero un po’ intimorita.

Mi parli un po’ di Germi regista. Come lo definirebbe? 

Era molto scrupoloso. Una persona seria a cui tutti portavano un grande rispetto. Non lasciava molto spazio all’improvvisazione ma allo stesso tempo non ti bloccava. All’inizio mi fece mettere un’imbottitura, perché ero molto magra e mi avrebbe voluta un po’ più formosa di quanto non fossi allora. Voleva che il personaggio di Carla fosse più formosa. Poi dopo le prime scene me la feci togliere, non la sopportavo molto (ride). Grazie a questo film guidai per la prima volta il motorino. Era previsto in sceneggiatura, e dovetti imparare. Ricordo che giravo attorno al palazzo della produzione per prendere confidenza col mezzo. E nel bel mezzo di una scena saltai giù dal motorino perché c’era una leggera discesa e non riuscivo più a frenare! La seconda volta fortunatamente ci sono riuscita. 

La scena del teatro d’avanguardia dove è stata girata?

In un teatrino di Trastevere. Parecchi anni dopo ho incontrato Lucia Annunziata che mi disse “non ti ricordi che ci siamo incontrate sul set del film di Germi? Ero tra le comparse in mezzo al pubblico, nella scena del teatro!”. Se non me lo avesse detto non me lo sarei mai ricordato. Una location molto bella e suggestiva invece è stata Cetara. Non ero mai stata in Costiera Amalfitana, ed è stato molto bello trascorrere tanto tempo li. Ma devo dire che anche girare a Roma tante settimane, per una come me cresciuta a Milano, è stata una splendida avventura. 

Ho letto che inizialmente lei viveva in una casa al quinto piano senza ascensore.

Si, era l’appartamento di una mia amica a Monteverde. Niente ascensore e neanche il telefono! E ogni giorno il direttore di produzione doveva salire, farsi tutti quei piani a piedi, per lasciarmi un biglietto sotto la porta (anche perché non ero sempre in casa). Un bel giorno Germi decise, per farla breve, di farmi dormire nella villetta dove era stato allestito il set della casa dove vivevo nel film. Ed è stata un’esperienza molto bella. Dormivo lì in mezzo alle attrezzature del set, alle macchine da presa, con la troupe a svegliarmi la mattina.

Le riprese erano accompagnate dall’immancabile sigaro che Germi fumava durante le riprese, vero?

Come non ricordarlo! Un giorno gli chiesi “Pietro, fammi fumare”. Però feci pochi tiri, non facevano per me. Non era facile sopportare l’odore di quei toscani, che si faceva dare dal Senato se non sbaglio. Un’altra cosa che lo distingueva era una targhetta che si fece mettere sulla giacca con su scritto “non sono dottore”. Odiava quest’appellativo. A Roma si usava chiamare “dottore” le persone importanti, ma a lui proprio non piaceva. Peccato che il film non sia stato molto apprezzato, specialmente dalla critica, anche perché in fin dei conti era una pellicola onesta.

stefania casini

Già allora veniva considerato un regista all’antica, a quanto pare…

Sicuramente era un uomo del suo tempo, ancorato a certi valori e a certi ideali che ai giovani come me potevano sembrare vetusti. E alla fine del film arrivammo quasi a litigare. Io non ero come il personaggio di Carla, ovviamente. Ero una sessantottina, tenevo molto alle battaglie dei diritti civili, a quelle lotte che avrebbero portato alla legalizzazione del divorzio, dell’aborto, ecc… Lui invece la pensava esattamente al contrario. Però restammo in buoni rapporti, ci mancherebbe. Due anni dopo lo andai anche a trovare sul set di Alfredo Alfredo. Ho anche delle foto con Dustin Hoffman, che ci ha scattato l’amico Claudio Masenza.

È stato lungo il periodo delle riprese?

Credo otto/nove settimane. Abbiamo girato in tarda primavera, fino all’inizio dell’estate. E a tal proposito ricordo che per la scena sul prato in cui io e Morandi ci baciamo ci fu un problema: Germi voleva a tutti i costi un campo pieno di ginestre, ma era impossibile trovarlo perché eravamo quasi in estate e di ginestre non ce n’erano più. Alla fine furono costretti a far venire un camion pieno di ginestre, che piantarono una per una sul prato! (ride)

Con Gianni Morandi che rapporto si instaurò?

Era un personaggio molto famoso già allora. Diciamo che era un ragazzo molto semplice, ma allo stesso tempo si sentiva che godeva di una popolarità enorme. Era una vera e propria star. Contrariamente a noi, quasi non poteva camminare tranquillo per strada, perché veniva assalito da una marea di ragazzine. Stava spesso chiuso nella sua roulotte per paura dell’agguato degli ammiratori.

Beatlemania insomma!

Ma non sarebbe azzardato dire che all’epoca godesse di una popolarità vicina a quella dei Beatles! 

Per i dialoghi, avete doppiato o è in presa diretta?

Abbiamo doppiato pochissimo. Quasi tutto è in presa diretta, e con Germi non era difficile farlo, anche perché lui era in grado di tenere il set in un rigoroso e quasi assoluto silenzio! 

Buona parte della critica non apprezzò il film. All’epoca come la prendeste? 

Per la verità non ci detti molto peso. Anche perché non appena terminate le riprese mi buttai nella scrittura di Sei personaggi in cerca d’autore con Tino Buazzelli. Ritornai al mio grande amore, il teatro appunto. Certo, avvertì che il film non fu molto amato dai critici. Ma credo che un giorno verrà rivalutato.

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