Quest’anno è uscito, in occasione del centenario dell’attore e regista romano, Alberto Sordi di Alberto Anile, storico del cinema e giornalista, collaboratore de la Repubblica. Il volume, (304 pg, cartonato, illustrato), pubblicato da Edizioni Sabinae, è una sorta di biografia corredata da una moltitudine di foto (a colori e non), in buona parte provenienti dal Fondo Sordi, gli archivi personali dell’attore. Il libro si pone sin dalle prime pagine come un’esauriente e curatissima panoramica sulla vita e le opere di Sordi, arricchito tra l’altro da un’affettuosa prefazione di Carlo Verdone, e una breve premessa di Felice Laudadio. Il volume verrà presentato al Bifest il 28 agosto 2020 alle ore 19, nell’Arena del Castello Svevo di Bari.
Approfittiamo della sua uscita per rivolgere qualche domanda all’autore del libro.
Caro Alberto, tu hai avuto la fortuna di conoscere Sordi negli ultimi anni della sua vita per alcune interviste. Mi racconti qualcosa?
Il primo incontro è avvenuto nel 1995, in occasione di una rassegna di suoi vecchi film a Milano. Stavo lavorando ai miei primi libri su Totò, e ho chiesto di avvicinarlo per chiedergli alcune curiosità su Totò e i Re di Roma, l’unico film in cui ha recitato accanto al principe de Curtis. La conversazione, breve, è avvenuta negli uffici del cinema Anteo. A questa sono seguite alcune telefonate, una volta, ad esempio, per una breve intervista su Una vita difficile. L’ho poi incrociato durante la promozione di Nestore, l’ultima corsa e di Incontri proibiti, i suoi ultimi film. Mi pare di averlo visto a Venezia, quando gli diedero il Leone d’oro. L’anno a seguire, nel suo ufficio vicino Via Veneto, gli ho fatto un’altra intervista, stavolta in occasione della sua nomina a presidente di giuria di Miss Italia[1].
Com’era durante queste interviste?
Sempre molto sorridente e amichevole. Mi è capitato di avvicinarlo sia – diciamo così – da appassionato curioso, sia da giornalista di una testata importante, e non mi è parso che la relativa importanza del mio ruolo facesse per lui una grande differenza. Considerata anche la sua età e la quantità di impegni, il minimo che si possa dire è che si concedeva a tutti con grande generosità.
Immagino l’emozione quando lo hai avvicinato la prima volta.
Quella c’era, ma soprattutto c’era la preoccupazione di riuscire a chiedergli tutto quello che mi serviva, e a far sì che lui rispondesse in maniera soddisfacente. Se ci si facesse impressionare troppo dalla grandezza del personaggio si finirebbe per fare scena muta.
Amavi Sordi sin da ragazzino? Eri già un suo fan?
Mi è sempre piaciuto – almeno nelle sue espressioni migliori – come in fondo è piaciuto e piace a tantissimi, che ci capiscano o meno di cinema.
Prima di Sordi segreto, numero monografico di Bianco e nero da te curato e uscito nel 2018, non avevi mai lavorato in forma saggistica su di lui?
No, a parte qualche articolo di giornale. Il lavoro di ricerca per il numero della rivista Bianco e Nero a cui fai cenno è iniziato in effetti prima del 2018 ma è stata comunque la mia prima avventura saggistica importante su di lui.
Il tuo secondo lavoro, il volume Alberto Sordi uscito a marzo, ti ha dato modo anche di riscoprire altri aspetti del cinema italiano che tanto ami.
Certo, ma è una cosa che capita spesso. Quando scrivi un libro, è come se ne scrivessi anche altri, nel senso che approfondisci non solo il soggetto preso in esame ma anche le figure di contorno. In questo libro ad esempio ho scritto anche di Fellini, di Moretti, di Scarpelli, e ancora una volta su quell’unico film che vede insieme Totò e Sordi, pure se ne avevo scritto già nei miei lavori precedenti.
Sordi è il tuo personaggio cinematografico preferito dopo Totò?
È normale che uno faccia libri sugli attori o registi che ama di più. Se un personaggio non ti dice molto, non sapresti cosa scriverci su. Bisogna avere una forte curiosità personale per indagare, scavare nel profondo della carriera di un artista.
Ma chi preferisci fra Totò e Sordi?
Sarebbe come dire: cosa preferisci fra la panna e la cioccolata? Sono diverse ma sono buonissime entrambe! Comunque il principe de Curtis resta lontano per tante cose da Albertone, dal momento che ha lavorato anche su registri recitativi lontanissimi tra loro, e che aveva delle innegabili doti naturali. Sordi è invece soprattutto un attore di volontà, che ha fatto sempre quel che voleva.
Quali novità sono venute fuori da questo volume?
Tante cose, dalla foto con Laurel & Hardy nella famosa serata di Villa Aldobrandini, a progetti non realizzati come il film su Gladio che Sordi avrebbe dovuto realizzare nei primi anni ’90. Di soggetti sordiani inediti ce ne sono tantissimi, e mi è sembrato utile riportarli tutti in un’appendice finale curata da Marina Cipriani. Tra questi, uno che reputo molto interessante, è quello di America, dove Nando Moriconi sarebbe dovuto morire annegato gettandosi dalla nave a poche miglia da New York.
Negli ultimi anni però Sordi avrebbe potuto fare di meglio.
Certo. Se ci fermiamo a rappresentarlo con gli ultimi film come Nestore, l’ultima corsa o Incontri proibiti, pellicole a mio avviso scadenti, finiremmo per non capirlo. La genialità, questo è ovvio, va vista nei suoi film dei decenni precedenti, e anche in quelle occasioni perdute di cui le ho appena detto.
Nel libro tenti anche di sfatare la leggenda popolare che l’attore abbia rappresentato meglio di chiunque altro un certo tipo di italiano medio.
Nel suo periodo d’oro, anni ’50 e ’60, Sordi è stato una figura mimetica, realistica, in cui era facile identificarsi ma sulla questione del cosiddetto “italiano medio” bisognerebbe rifletterci su. Molti, tra cui lo stesso attore, hanno amato divulgarla, ma non si può definirlo sempre con questa connotazione, dato che Sordi ha interpretato anche personaggi anarchici, fuori dalle righe e non “medi”, e nelle sue prove d’attore migliori è folle, estremo, cattivo, imprevedibile (dal venditore di bambini de Il giudizio universale all’uomo che per uccidere un tale, viaggia fino agli Stati Uniti nascosto in una cassapanca nel Mafioso, fino al trafficante di armi di Finché c’è guerra c’è speranza). Sordi ha fatto anche l’italiano medio, come il folle Totò ha pure interpretato nella sua carriera dei personaggi qualunquistici, e non è entrato certo con questi ruoli nell’immaginario collettivo. Al di là di questo, Sordi, secondo me, non ha eredi. I personaggi grandi e originali come lui non possono averne, se ne avessero significherebbero che non erano poi così grandi né originali, visto che si trovano degli altri che gli somigliano.
Ti dedicherai ad altri libri su Sordi in futuro?
È sempre possibile. In fondo si tratta di un attore talmente attivo, che raccontare la sua vita nei minimi dettagli tenendo conto di tutti i materiali che ha prodotto in vita (interviste scritte e filmate), finirebbe per produrre non un libro ma un’enciclopedia. In questo libro ho quindi preferito optare per una specie di biografia che salta di decennio in decennio, illuminando cose di cui nessuno mai aveva parlato, o di cui si era raccontato in maniera sostanzialmente approssimativa. Su Sordi c’è ancora tanto da dire, per chi avrà il desiderio e la giusta dose di attenzione per immergersi di nuovo nella sua straordinaria carriera.
[1] L’intervista è reperibile all’interno di Alberto Anile (a cura di) “Sordi segreto”, Edizioni Sabinae, Roma, 2018