In occasione del centenario della nascita di Alberto Sordi, l’operatore di macchina Fabrizio Vicari ricorda i retroscena di In viaggio con papà (1982) e In nome del popolo sovrano (1990), i due film in cui ha lavorato con il celebre attore, comico e regista in qualità di assistente operatore
Partiamo da In viaggio con papà, cosa ricordi maggiormente?
Devo dire che non ho avuto la fortuna di seguirlo tutto, solo quattro settimane, perché sono stato chiamato come assistente operatore quando le riprese erano già iniziate. In quel film, come penso saprai, Albertone era sia regista che protagonista. Da regista lo ricordo come una persona disposta ad ascoltare consigli, in particolare quelli del direttore della fotografia Sergio D’Offizi, con il quale si confrontava spesso sugli aspetti tecnici. A volte aveva delle intuizioni sulle inquadrature, anche se la cosa a cui prestava più cura era, ovviamente, la recitazione sua e degli altri attori. E come ritengono in molti, anche io sono dell’idea che i suoi film migliori siano quelli in cui è solo attore.
Nel film il duetto Sordi/Verdone funziona benissimo. Verdone improvvisava parecchio o seguiva indicazioni dettagliatissime?
Carlo in quel periodo era ancora agli inizi. La sua tendenza era quella ad improvvisare, anche se Sordi cercava di tenerlo nella direzione da lui stabilita. Anche perché Alberto era il vate della situazione sul set. E anche nel film ovviamente. Ci teneva a mantenere la sua posizione di protagonista. Una scena in cui ha un dialogo con Verdone l’abbiamo girata con campo/controcampo. Ma anche nel taglio in cui era di spalle (il controcampo appunto) riusciva sempre in qualche modo a voltarsi, facendo sì che venisse sempre inquadrato in faccia!
Al di fuori del lavoro che impressione ti faceva?
Si muoveva sempre in compagnia di tre o quattro persone di sua fiducia, aveva il suo truccatore personale, Franco Ruffini, lo voleva sempre con sé in tutti i suoi film! Ricordo ancora, che quando aveva bisogno di lui, lo chiamava a gran voce “Franco!”. Era sempre molto scherzoso con la troupe, anche se, va detto, non si concedeva molto facilmente a tutti. Non amava neanche fare molte foto.
Il film è stato faticoso?
No, affatto. E poi le locations erano bellissime, come il Monte Argentario nella Maremma Grossetana ad esempio. Tra l’altro Sordi non amava prolungare gli orari di lavoro, anzi preferiva finire prima del previsto.
Faceva provare molto gli attori?
Quando arrivavano sul set, non si provava molto, la sensazione era che avessero già fissato la recitazione della scena.
Otto anni dopo lo hai rincontrato ne In nome del popolo sovrano.
Quello è un film a cui sono molto legato. Oltre ad essere uno dei più bei lavori di Luigi Magni, è un’avventura piacevole da ricordare per via del cast stellare, da Sordi a Nino Manfredi. C’era un grande budget a disposizione per l’ambientazione nella Roma del 1848, ricostruita a Cinecittà, dove sono stati fatti anche tutti gli esterni delle battaglie. C’erano anche altre location tra cui un palazzo sul Lungotevere e la cittadina di Comacchio, in provincia di Ferrara, dove però abbiamo girato la scena dell’arresto di Livraghi da parte degli austriaci.
Che rapporto c’era tra Sordi e Magni?
Ottimo. Aveva già lavorato con lui nel film Nell’anno del signore (1969), di fatto, tra loro, c’era una grande amicizia e stima reciproca. Con Magni, grande conoscitore di Roma, si raccontavano in continuazione aneddoti divertentissimi, anche sul loro vissuto professionale, ridendo come matti.
Quindi, a differenza dell’altro film, con Magni Sordi è stato più diligente?
Sordi, lo sappiamo, è stato un istrione, uno che interpretava la scena sempre attraverso la sua grande personalità, ma Magni, da grande regista sapeva come mettere a frutto questa sua caratteristica a favore del film.
Anche in questo caso sulla recitazione lavorava molto da sé?
Come nei suoi film da regista faceva qualche prova prima delle riprese, veniva molto preparato. Ovvio che Magni non poteva dargli direttive di recitazione oltre un certo punto, era Sordi! Nel film ha un bel monologo sul terrazzo in cui parla di Roma. Questo tipo di scene le preparava appunto per conto suo, per poi proporle al regista. Essendo un film in costume ovviamente doveva stare un po’ di più al trucco, anche per nascondere un po’ di segni dell’età sul volto. Le scene in cui appariva non erano molte, le abbiamo girate tutte nell’arco di una settimana. Nonostante i suoi settant’anni era ancora molto sicuro di sé, mentre Manfredi purtroppo aveva qualche problema di memoria, oltre che di sordità.
Sordi e Manfredi si parlavano durante le riprese?
No. Non si sono proprio incontrati sul set, anche perché non avevano nessuna scena assieme, ed è stato un peccato non poterli vedere in quell’occasione.