
Angelina Jolie torna dietro la macchina da presa per trasporre Alessandro Baricco. Otto anni dopo l’ultima fatica portata sul grande schermo, Per primo hanno ucciso mio padre, la celebre diva di Hollywood si ripropone di sviscerare temi a lei cari come la vendetta e la guerra, e lo fa frugando nella letteratura italiana contemporanea. Senza sangue è il romanzo selezionato, pubblicato dallo scrittore torinese nel 2002. Ed il film omonimo (trailer) si presenta come uno specchio molto fedele del materiale letterario.
Una donna (Salma Hayek) rintraccia l’uomo (Demiàn Bichir) che ha partecipato all’omicidio del padre e del fratello svariati anni prima. Insieme ripercorrono le loro vite, riassemblando dolorosamente le loro storie dai rispettivi punti di vista. Ed è in questo amaro viale dei ricordi che il film sfoggia la sua componente più valida: un accecante raggio di malinconia che trafigge lo spettatore e lo invita allo stesso tavolo dei due protagonisti. Le vicende sono già accadute e i personaggi sono già stati tragicamente segnati da esse; quello a cui assistiamo è dunque una ricostruzione (o decostruzione) degli eventi, alla quale ci approcciamo solo con il primo e asciuttissimo atto che mostra la sorgente della storia.
Fin dai primi minuti è chiaro il tentativo di rendere tridimensionali tutti i personaggi e di esplorare la loro umanità, talvolta recondita ma sempre afferrabile, necessaria per orientare le loro azioni e alimentare il loro sentimento di vendetta. Vendetta che viene raccontata nella sua immortalità, nel suo proliferare da individuo a individuo fino a diventare quasi una ragione di vita. Tutti i partecipanti hanno un motivo che li spinge ad agire, che ha le radici nelle loro debolezze e nelle loro confuse ambizioni e, i due protagonisti, Nina e Tito, convincono nel loro apparire incompleti, deficitari, spenti.
Tuttavia, il tentativo di emozionare lo spettatore può risultare troppo forzato, volto a far sentire il dramma ponendo l’accento sul dolore in maniera quasi aggressiva, con l’ausilio di una recitazione esagerata e poco credibile nelle scene di maggior tensione. Questa ricerca dello struggente invade anche la colonna sonora, continuamente presente e spesso ridondante. Nonostante riescano a cullare con malinconia lo spettatore, specie nella parte iniziale del film, i violini e i piani rischiano di diventare ridondanti, contraddicendo il non mascherato intento di creare pathos.

Un ruolo privilegiato in Senza sangue lo gioca la fotografia, capace di costruire un’atmosfera desertica, nostalgica, capace di trasmettere la crudezza del racconto e la desolazione dei personaggi. Il giallo e il marrone invadono la maggior parte delle inquadrature, ma in sfumature stanche, prive di vitalità.
Certamente non siamo di fronte al war-movie per antonomasia, ma la riflessione sulla guerra è presente, in modo silenzioso e misurato, ma pur sempre tangibile. Le vicende si svolgono sullo strascico di un aspro conflitto civile, concluso sulla carta, ma sempre vivo nei ricordi e nelle parole dei personaggi; può riecheggiare come ferita, nella sua drammatica permanenza, o come alibi, per giustificare atrocità ed ingiustizie compiute.
La scansione temporale del film desta comunque qualche perplessità: non sempre presente e passato sono raccordati con efficacia e talvolta può essere percepito un certo sbilanciamento. Anche il ritmo non risulta omogeneo e, seppure la durata del film non superi i novanta minuti, l’atto conclusivo appare eccessivamente allungato.
Convince, nonostante alcune incertezze, l’operato dietro la macchina da presa. Jolie dirige il film con maturità artistica, privilegiando i particolari e le reazioni dei personaggi, che si esplicitano nelle loro espressioni incontrollate. Il bisogno di crudezza ogni tanto si palesa anche nella regia, che pecca nell’indugiare troppo su alcuni primi piani e in un abuso dello slow-motion che col passare del tempo diviene difficile da digerire.
Senza sangue non è un film esente da difetti, ma è senza dubbio una storia avvincente raccontata con passione, in grado di emozionare lo spettatore e generare una riflessione su temi profondamente umani.
Dal 10 aprile al cinema.