In un momento storico del cinema in cui per andare bene al botteghino sembra si debba puntare ai supereroi, Amazon Prime Video partorisce il proprio: Samaritan (trailer), interpretato da Sylvester Stallone. Come da tradizione, la storia è tratta da un fumetto, ma non per questo sfugge ad una sceneggiatura piatta, senza slanci, beige.
Un ragazzino di nome Sam (Javon Walton) vive insieme a sua madre in un complesso degradato composto da molti appartamenti. Nonostante versino in condizioni piuttosto precarie, la donna si assicura che il figlio non entri in brutti giri, ma il lavoro non le permette di essere presente come vorrebbe. Nei tanti momenti da solo, Sam sviluppa una passione che diventa quasi ossessione per Samaritan, un supereroe che vent’anni prima contribuiva a mantenere l’ordine in città. Questi, dopo uno scontro che provocò la morte del fratello Nemesis, scompare dalla circolazione. Samaritan e Nemesis sono associati rispettivamente al bene e al male e la città, dopo oltre due decadi, è ancora coperta di simboli che inneggiano all’uno o all’altro. Sam riuscirà a trovare Samaritan celato dietro il burbero netturbino suo dirimpettaio e così si aprirà nuovamente la lotta infinita tra le due forze contrapposte.
Il tema è tra i più classici dei film di supereroi a cui siamo abituati e il problema è forse proprio questo. Il regista Julius Avary, insieme allo sceneggiatore Bragi F. Schut, rifilano al pubblico un film su una tematica vecchia come il mondo, senza ulteriori spunti. Se per i film Marvel e DC siamo immersi dentro veri e propri universi, con loro pregi e difetti, qui si tenta di creare nello spettatore un interesse per le sorti di quel mondo con tre minuti di voice over iniziali che spiegano gli antefatti. Per quanto sia ingiusto paragonare le due potenze incontrastate di supereroi con un film a budget decisamente più contenuto, è doveroso sottolineare che il problema di questo film si sarebbe risolto con una sceneggiatura più solida. Sembra che l’unico problema della vita dei personaggi sia la scelta tra il bene e il male, riportato in maniera didascalica, reso sempre troppo palese.
In alcuni punti è davvero complicato non interrompere la sospensione dell’incredulità. Innanzitutto Stallone, che da eroe semplice come lo conosciamo, passa di grado e diventa supereroe. Il fatto che l’attore (e coproduttore del film) abbia 76 anni avrebbe dovuto condurre ad una scelta apparentemente logica: spostare la sua arma vincente dal fisico alla mente, magari con un’intelligenza fuori dal comune, la saggezza che deriva dall’esperienza, o l’astuzia di chi ne ha viste tante. E invece no. Stallone scazzotta come un ventenne, provocando un effetto strano alla vista.
Ma il vero problema risiede nella costruzione del mondo che abitano: Samaritan è l’unico a possedere una forza sovraumana e mentre gli altri tentano di ucciderlo nei modi più disparati, lui fa roteare gli avversari come un cowboy fa con la fune. Non è nemmeno accennato da cosa derivi questa forza, lo spettatore deve solo accettare che c’è. Se si vuole rappresentare una realtà con regole diverse da quella che viviamo, queste regole vanno scritte, altrimenti lo spettatore perderà interesse per la storia. È questo che intendo quando affermo che la sceneggiatura è insufficiente. Viene proposto un mondo di cui ignoriamo le dinamiche, dove, proprio per questo, tutto può accadere, ma nell’accezione negativa del termine. Vengono tirati in ballo elementi strada facendo, senza che fossero mai presentati e che puzzano tremendamente di scorciatoia. Da uno sceneggiatore di esperienza ventennale come Schut ci si deve aspettare di più e invece Samaritan è un film dalla sceneggiatura pigra.