#RomaFF19: Greedy People la recensione del film di Potsy Ponciroli

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Non succede mai nulla a Providence per questo devi trovarti “un hobby sul lavoro”. Questo è il terzo ed ultimo consiglio che da il poliziotto Terry al suo nuovo partner Will, ma non poteva prevedere che l’hobby sarebbe stato coprire un omicidio. Così viene l’arena di Greedy People (trailer), nuovo film diretto da Potsy Ponciroli e scritto da Michael Vukadinovich, vista in anteprima nazionale, ed attualmente in concorso, alla Festa del Cinema di Roma.

Protagonista della vicenda è Will (Himesh Patel), un giovane poliziotto al suo primo giorno di servizio. Trasferitosi a Providence, insieme a sua moglie Paige (Lily James), Will è alla ricerca di un posto più “tranquillo dove mettere su famiglia”, dato che i due aspettano un bambino. La cittadina fluviale si presenta alla coppia come un’allegoria della perfetta e tranquilla vita di periferia americana: una grande città sì, ma lontano dalla metropoli, in cui non succede mai niente di estremamente sconvolgente. Questa sua illusione viene amplificata quando durante le prime ore di lavoro Will conosce il suo partner Terry (Joseph Gordon-Levitt), veterano della polizia locale, che gli mostra come vivono, secondo lui, le proprie giornate lavorative i poliziotti di Providence. Terry fa fare un giro turistico al novellino mostrandogli i locali in cui si può consumare caffè gratis, durante le brevi ronde di quartiere che avvengono tra una colazione e l’altra. Il poliziotto rassicura Will che avrà una vita serena se sul lavoro seguirà tre semplici regole fondamentali: non uccidere nessuno a meno che non sia strettamente necessario, non contraddire mai il capitano Murphy e trovarsi un hobby sul lavoro per soccombere alla noia.

Will e Terry danno inizio ad un rapporto che rispecchia il classico schema del “buddy cop” attraverso il cliché narrativo del “poliziotto buono e cattivo”. Le due figure sono attraversate, anche se solo inizialmente, da un contrasto netto tra Will ingenuo, spaventato ed inesperto ed il menefreghista cinico che è Terry. Di fatto in tarda mattinata, durante il turno di lavoro, mentre Terry è impegnato in una relazione extraconiugale con una donna, Will si ritrova coinvolto in un incidente che trasformerà quell’appena assaporata felice vita di provincia in un incubo: ucciderà una donna. Attraverso la radiomobile riceve un codice di emergenza e, convinto che si tratti di un furto con scasso, si introduce armato in una lussuosa villa. Il poliziotto si ritroverà a gestire un’imprevista reazione da parte della padrona di casa Virginia (Traci Lords), che finirà per uccidere in un incidente fatale. In preda alla disperazione Will chiamerà il proprio partner, che in preda al panico troverà casualmente un milione di dollari nascosti in una cesta. Questa scoperta spingerà la coppia a scelte sempre più rischiose nel tentativo di insabbiare l’omicidio per non essere arrestati ed, ovviamente, per spartirsi il denaro.

Così avviene l’incidente scatenate che porterà all’inizio del vero dramma del film. Il milione di dollari diviene il McGuffin intorno a cui ruota e si evolve la narrazione, in un crescendo di situazioni imprevedibili ai limiti del surreale. Di fatto, sarebbe potuto andare tutto liscio per i due poliziotti se non fosse che qualcun altro tramasse la morte della donna: il marito Wallace (Tim Blake Nelson), un ricco imprenditore locale, che assume un sicario (Il colombiano) per uccidere la moglie e scappare con la propria segretaria. Diversi personaggi si scopriranno al corrente dell’omicidio e del milione rubato al quale tutti mirano, nell’indifferenza più totale della morte della vittima. Dal massaggiatore di Virginia, Keith, che ha colto i due poliziotti in fragrante; Paige che ruberà i soldi per assumere l’Irlandese (un altro sicario) per far fuori Terry; il Colombiano che vuole comunque il suo compenso per la “giornata lavorativa buttata” e Wallace che ne ha la necessità per saldare il suo debito e non rischiare la pelle. Tutto ruota avidamente attorno a questi soldi che, tuttavia, rimangono nascosti per la maggior parte del tempo o oscurati da un sacco nero.

Le vicende di tutti questi personaggi si intrecciano tra loro in una maniera meticolosamente ordinata, che il film organizza e narra attraverso l’espediente dei capitoli, in cui ognuno è dedicato ad un personaggio coinvolto nell’omicidio. Questa particolare narrazione spazia dalla struttura Andersoniana al caos Coeniano del contenuto, in cui i fatti narrativi si evolvono in un crescendo, al tempo stesso causale e casuale, generando un effetto domino di menzogne e morte che non sembra fermarsi fino a che l’ultimo tassello del cerchio non sia caduto.

Un’eterogeneità che ritroviamo fortemente nella mescolanza dei generi, tipico del neo-noir che viene spinto ancora di più verso una firma contemporanea data la forte vena comica. Nonostante Il film e la sua fotografia sembri richiamare un ambiente ben preciso: il crime poliziesco a tratti televisivo, ed anche leggermente datato; la narrazione si dispiega su un registro crime impregnato di dark humor contemporaneo. La dark comedy prevale per tutto il film, interrompendosi solo nel climax, in cui avverranno un crescendo di azioni che porterà alla distruzione dei due protagonisti. L’ibridazione dei generi ci viene mostrata anche in chiave meta cinematografica quando, per forzare la vena comica, nella scena fuori casa di Keith, metà dei personaggi si fanno fuori a vicenda durante una sparatoria western da saloon. Un neo-noir in cui non viene chiesto di entrare in empatia con questi antieroi che agiscono immediatamente per salvaguardare i propri interessi all’insegna del “banale” denaro.

Eppure, la morale del film sembra districarsi davanti ai nostri occhi, non tanto alla fine del film attraverso la narrazione onirica dell’unico personaggio positivo (il capitano Murphy), ma verso la fine del secondo atto: durante l’incontro tra Paige ed il sicario Irlandese. L’uomo inizia a parlare del fatto che si può “uccidere con empatia” pur essendo dei killer e che il suo è un mestiere come un altro. I veri criminali sono le persone normali che quotidianamente commettono reati di ogni tipo senza scrupoli, come, ad esempio, sovvenzionare la creazione di armi pagando le tasse. Secondo il sicario tutte le persone normali possono essere dei criminali spietati e anche i criminali comuni possono condurre una vita normale.  

Di fatto, il paradosso risiede proprio qui, il Colombiano e l’Irlandese non solo agiscono in maniera incontrollata e sotto gli occhi di tutti, anche della polizia, ma i due sembrano essere completamente innocui se paragonati agli eventi e le brutalità inaspettate commesse dalla gente comune, spinta dalla pura avidità.

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