#RomaFF19: Conclave, la recensione del film di Edward Berger

Conclave, recensione del film con Ralph Fiennes

Proprio quando la 19° edizione della Festa del Cinema di Roma sembra volgere al termine, ecco che fa il suo ingresso uno dei film più attesi del festival, presentato nella sezione Grand Public, la stessa dove sono apparsi gli altrettanto attesissimi The Dead Don’t Hurt (di Viggo Mortensen) e Modi – Three Days on the Wing of Madness (di Johnny Depp). Stiamo parlando di Conclave (trailer).

La storia ha inizio con la morte di un pontefice. La notizia giunge nella notte alla persona che fra tutte era la più vicina al santo padre, il cardinal Thomas Lawrence (Ralph Fiennes), ma è già in questo primissimo fatto che ci imbattiamo in un’inquietante incongruenza. Il protagonista, infatti, non è stato informato immediatamente del decesso: il suo arrivo di fronte alla salma è stato ritardato dal cardinal Tremblay (John Lithgow), che si rivela essere anche l’ultima persona ad aver parlato con il papa prima della morte. È in questo clima teso, ribollente di dubbi e diffidenza, che si deve decidere il futuro della Chiesa: serve convocare il conclave per eleggere un nuovo papa. E ad occuparsi dell’organizzazione, ma soprattutto della supervisione e conciliazione dei 118 cardinali più potenti della chiesa cattolica, sarà proprio il decano Thomas.

L’intreccio della storia proseguirà con la presentazione dei quattro cardinali più vicini alla conquista del trono papale e sì, di “conquista” si deve parlare, perché, per quanto possa sembrare antitetico, al Vaticano avrà luogo una vera e propria guerra. O forse più esattamente una partita a scacchi, proprio come quelle che soleva vincere il papa con i propri amici più intimi. I nomi dei candidati che echeggeranno fra le mura della Cappella Sistina, durante gli innumerevoli scrutini, saranno quelli del cardinal Tremblay, del cardinal Bellini (Stanley Tucci), del cardinal Tedesco (Sergio Castellitto) e del cardinal Adeyemi (Lucian Msamati). Ad influenzare non soltanto la sorte della Chiesa, ma anche l’animo già afflitto di Thomas, saranno una serie di scoperte, segreti, alleanze, colpi di scena e scandali.

Conclave è un’opera magistralmente sinfonica. Ogni singolo reparto della realizzazione del film sorprende nella sua efficacia e maestria. Andando in ordine: la sceneggiatura è stata adattata da Peter Straughan (candidato premio Oscar per La talpa) dall’omonimo romanzo best seller di Robert Harris, un’operazione che da un lato sembra averne tutelato la fedeltà originale e che dall’altro si adatta al grande schermo senza neanche una sbavatura. Per tutte le due ore della proiezione, sembra inevitabile tenere gli occhi sbarrati, incollati allo schermo, per quanto comunque si tratti di un film potenzialmente storico, su un argomento circoscritto e già visto nella storia del cinema. La sequenza narrativa di colpi di scena si inserisce in una perfetta armonia e consequenzialità.

In secondo luogo, il fascino del film si deve alla direzione di Edward Berger (autore di diverse serie e del pluripremiato Niente di nuovo sul fronte occidentale agli Oscar 2023). La regia instaura uno stretto rapporto fra i personaggi e l’ambiente. Ogni inquadratura rivela una prospettiva mai casuale, che si tratti di rapporti di subordinazione ed interdipendenza fra cardinali o di claustrofobia con le spesse mura degli edifici vaticani. La regia dialoga con una scenografia imponente, fedele nel riprodurre la monumentalità degli ambienti vaticani; da tale incontro scaturisce una teatralità della rappresentazione scenica, dove ogni movimento, posizionamento e spazio simula una scacchiera o l’isolamento del protagonista.

Conclave, recensione del film con Ralph Fiennes

Parlando degli attori, oltre ai già citati nomi, troviamo anche Isabella Rossellini nel ruolo secondario ma cruciale di una suora vicina ai cardinali. Cast dunque d’eccezione, un dato che tuttavia non ha impedito a Ralph Fiennes di restituire una delle sue più ammirevoli performance di sempre, spiccando magistralmente come attore protagonista degno, si spera finalmente, di un meritatissimo primo premio (l’attore non ha mai ricevuto un Oscar, Golden Globe o altri riconoscimenti oltre al Bafta). Non soltanto la recitazione dell’attore rappresenta limpidamente l’animo turbato di un uomo di Chiesa in crisi di fede, ma con Conclave abbiamo l’occasione unica di vedere l’attore britannico parlare italiano (forse meglio di Castellitto) e latino, un motivo più che sufficiente per vedere al cinema la versione originale.

Avvicinandoci alle conclusioni, ancora due aspetti vanno considerati. Il primo: aggiungere all’elenco dei comparti che rendono onore a Conclave la colonna sonora. Composta dal premio Oscar Volker Bertelmann, essa crea un rapporto di straordinaria tensione fra quello che dovrebbe essere un ambiente inviolabile, sacro, conciliante e il dramma che invece esso ospita.

Infine, va considerata la natura della narrazione e il suo rapporto con la Storia. Da quello che possiamo intuire da alcuni particolari, la vicenda si svolge negli anni Duemila, ma è chiaro che riferimenti certi ed esatti alla storia contemporanea non possano essere fatti, per mancanza di informazioni o per eventi mai accaduti. Ci sono tuttavia dei segnali che sarebbe sbagliato non cogliere come riferiti ad eventi ufficiali. Primo fra questi, la morte di un papa per arresto cardiaco, ma non solo: un mistero sull’autopsia, sulle cause decisive della morte e su un probabile insabbiamento di prove. In secondo luogo, la presenza di attentati terroristici, di cui l’Italia ha vissuto almeno 3 matrici diverse, ognuna con la propria storia di irresoluzione. Infine, un’inquietante somiglianza del cardinal Bellini con quello che è stato uno dei maggiori criminali della Storia: Papa Pio XII.

Conclave riunisce in due ore un’opera titanica, sia per elementi cinematografici che per Storia. La sua narrazione espone radicalmente la crisi contemporanea della chiesa cattolica: avvalendosi della finzionalità, non si preoccupa di toccare corde che sembrano inviolabili. Ma ciò che sorprenderà ancora di più sarà il finale: un tocco inaspettato che, anche se conferma inequivocabilmente la finzione dell’opera, rappresenta ciò di cui il mondo contemporaneo (religioso e non) avrebbe estremamente bisogno.

Al cinema dal 19 dicembre

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