Sweet Sue, uno degli ultimi film presentati in concorso alla Festa del Cinema di Roma in sezione Progressive, è diretto dal figlio d’arte Leo Leigh e vede come protagonisti Maggie O’Neill, Tony Pitts e Harry Trevaldwyn. La trama ruota attorno a Sue, matura proprietaria di un negozio di articoli vari per feste e compleanni, insoddisfatta dalla vita. Sue ha un difficile rapporto con una madre sempre più anziana e malata (che la considera poco a differenza della sorella), ha un fratello in fin di vita e una vita sentimentale avara di soddisfazioni. Una personalità cinica e sfrontata le farà conoscere il taciturno biker Ron, con la passione per la storia antica, che inizia a frequentare regolarmente. Dopo non troppo tempo, però, si introdurrà tra i due Anthony, il figlio di Ron, avuto da una precedente relazione con un’insegnante di ballo. Lui, influencer eccentrico ed effemminato, fidanzato con un uomo molto più grande di lui, scuoterà Sue e le farà provare la sensazione di avere una famiglia.
Sweet Sue vorrebbe essere un’amabile commedia dalle tinte drammatiche e dal sottile sarcasmo tipicamente inglese, ma non riesce quasi per niente a farsi volere bene dallo spettatore. La rappresentazione di rapporti umani in conflitto, l’insoddisfazione esistenziale di una donna attempata che teme di non riuscire a trovare mai più la felicità, sono questioni che passano in secondo piano rispetto all’irritante personaggio di Anthony, che, quando entra nella storia, ruba (nostro malgrado) immediatamente la scena e fagocita la godibilità della pellicola.
L’estetica generale è patinata, “da social network” (nei tenui colori rosacei e nelle riprese in soggettiva che simulano vlog e Instagram stories): si potrebbe ragionare, infatti, sulla possibilità che l’antipatico comportamento di Anthony fosse voluto per svolgere una critica, in particolar modo nel finale, verso la frivolezza della Gen Z. Il problema è che Leigh è troppo indulgente verso di lui e ne prova fin troppa simpatia per giudicarlo con più decisione; un personaggio superficiale, fastidioso e continuamente irrispettoso verso un mondo adulto che sembra solo stupido e inerme, viene appena ridicolizzato in alcune scene, salvo poi riabilitarlo senza troppi problemi. Anche il personaggio di Sue, quindi, risulta poco sviluppato e interessante, e si fa davvero fatica a capire come avremmo dovuto empatizzare con lei e con una pellicola noiosamente tiepida e incolore.