One Day All This Will Be Yours (trailer), titolo del nuovo film di Andreas Öhman in concorso nella sezione Progressive della diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma, non è una promessa sognante o una generosa concessione, ma sembra più un minaccioso avvertimento.
Per Lisa (Karin Franz Körlof), infatti, tornare nella fattoria dei genitori nel nord della Svezia con il fratello e la sorella non corrisponde a una piacevole rimpatriata, ma significa più fare i conti con la famiglia e con il proprio passato, segnato da una vicenda traumatica. Ancor più pesante è la ricchezza che la madre e il padre decidono di consegnare in eredità ai figli: una grande foresta di proprietà familiare da generazioni, che più che un tesoro sembra loro un fardello, dato che nessuno è interessato a occuparsene. Eppure, nella testa di Lisa, appare quasi inevitabile che tutto ciò dovrà essere lei a gestirlo: persino gli alberi prendono voce e la ammoniscono con tono grave che «un giorno tutto questo» sarebbe stato suo.
Le premesse per un tipico dramma scandinavo, contraddistinto dal senso di colpa e dall’inevitabilità del destino sulle scelte degli uomini, ci sono tutte; eppure Öhman adotta un registro ben diverso. Il regista svedese, infatti, dimostra di saper unire sapientemente uno stile più ritmato, dinamico e vivace, con tutti i connotati della commedia, a dei passaggi ben più drammatici: quest’approccio alleggerisce la visione e anzi stimola ancor di più il coinvolgimento empatico verso la sfacciata ma vulnerabile protagonista. Lei, fumettista di successo, utilizza il disegno come sfogo della sua insoddisfazione esistenziale: talvolta, però, capita che le sue creazioni o altri oggetti inanimati prendano vita nella sua testa e le parlino, la rimproverino, perfino si esibiscano in delle divertenti scenette musicali. Gamberi canterini, alberi minacciosi, bolle di sapone chiacchierone colorano il mondo cartoonesco di un’eroina atipica, e cercano di dare un significato alla sua disfunzionalità.
Lisa è la rappresentante di una generazione (probabilmente oggi la chiameremmo millennial) che non vuole crescere «perché è troppo noioso» e che ha paura di guardare il futuro e di assumersi il carico delle proprie responsabilità. Con un irriverente sarcasmo punta il dito contro l’ipocrita conformismo della società, ma ciò non basta a coprire le sue fragilità ai parenti. One Day All This Will Be Yours racconta proprio del fitto divario che separa i più anziani, che «si spaccavano la schiena nella foresta», e la generazione odierna, che «lavora online», vuole mantenere la foresta a distanza e ha perso il senso della manualità. La protagonista, quindi, è figlia dello spaesamento originato da questa spaccatura, ed è attanagliata dal peso dei doveri che incombono su di lei, dagli oneri della vita adulta e dalle aspettative dei più grandi. La foresta, ossia l’ingombrante eredità del passato che si trova improvvisamente tra le mani, la rende cosciente della sua imbarazzante inadeguatezza: non può più mascherare la propria incapacità con false de-responsabilizzazioni («almeno io riciclo»), ma è chiamata a prendere consapevolmente e con maturità le proprie scelte, andando oltre il senso di colpa fatale (che riguarda proprio un suo familiare) che tiene le redini del suo destino come nel più classico dei drammi nordici.
Öhman riesce a dirigere un’opera semplice ma significativa, riflessiva ma non pretenziosa, che coinvolge lo spettatore senza ricattarlo, ma con una grande sincerità, facendosi particolarmente apprezzare nonostante non tocchi mai dei picchi da grande film.