#RomaFF17: Coupez!, la recensione del film di Michel Hazanavicius

Coupez! Recensione film Hazanavicius DassCinemag

Di film comici sugli zombie ne abbiamo visti parecchi negli ultimi anni. Ma anche dei cosiddetti film meta-cinematografici che ci raccontano la vita del set. Ad aggiungersi a questo cocktail apparentemente letale un remake occidentale di un film giapponese, One Cut of the Dead. Insomma, Coupez! (trailer), il nuovo film di Michel Hazanavicius, presentato in anteprima nazionale alla Festa del Cinema di Roma, sembrava dalle premesse un insuccesso preannunciato; ma il vero errore lo fa lo spettatore a non aver fiducia del regista francese premio Oscar.

I primi minuti ci introducono una folle troupe, capitanata da un ancor più folle regista, intenta a girare un film sugli zombie. La faccenda ben presto si complicherà non poco alla rivelazione di una vera invasione di morti viventi, evocata dallo stesso regista al fine di raggiungere un insensato eccessivo realismo. Quello che nasconde il film però è molto più di questo rocambolesco e grottesco inizio che ricalca i cliché del cinema orrorifico di serie B. Ma ora che abbiamo pure i primi tasselli della trama, la domanda è spontanea: come è possibile che il film non risulti banale e scontato? I fattori sono molteplici.

I primi sono la precisione e maestosità tecnica di Hazanavicius che con un lungo piano sequenza ci riesce a conquistare nei primi 30 minuti (ma dopo The Artist non dovremmo certo stupirci delle sue capacità oggettive). In secondo luogo gli attori e i loro personaggi, che sembrano tutti cuciti perfettamente sul loro corrispettivo reale. Un particolare plauso va fatto nei confronti del protagonista Romain Duris, che nei panni del regista ci regala un’interpretazione dalla comicità irresistibile. Ed è proprio nella comicità che troviamo il terzo fondamentale segreto del successo di Coupez!: è impossibile non ridere. Le gag prese singolarmente sono esilaranti, ma ciò che riesce a conquistare è la costruzione del crescendo finale che funziona come una valanga infermabile, più precipita più porta con sé nuovo materiale, autoalimentandosi e sfociando in una gigantesca catastrofe naturale o, in questo fortunato caso, nello scrosciare delle risate del pubblico che non può e non deve contenersi.

Per accontentare anche i più tignosi, alla ricerca della macchia di caffè sulla camicia del bel cavaliere, l’unico difetto che gli si può affibbiare è l’estrema attinenza all’originale giapponese di Shin’ichirō Ueda, rendendo prevedibili molte delle gag a chi ha già familiarità con l’opera. La pellicola però non si può che descrivere come imperdibile ed emozionante, una bomba ad orologeria con il conto alla rovescia reso noto alla vittima del caso, ma non per questo meno efficace nella sua esplosione. Anche lo spettatore più restio al genere non può rimanere deluso grazie alla brillantezza con cui viene gestita tutta la vicenda, nemmeno i classici amici che ribadiscono come fosse un vanto «i film comici non mi fanno per nulla ridere» riusciranno a stare con la bocca serrata per più di cinque minuti. Il buonumore torna in sala con la classe di un grande maestro, con la leggerezza dell’infanzia e la genialità globalizzata dell’insolito connubio Francia-Giappone.

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