1961: la fallimentare invasione della Baia dei Porci incoraggia l’Unione Sovietica ad agire, nonostante un armamentario di dimensioni modeste rispetto a quello statunitense. Iniziano dunque a filtrare voci di un attacco da parte del Cremlino dalla stessa Cuba dove gli americani non ce l’hanno fatta. Voci che giungono subito ai governi occidentali tramite una spia russa. A quel punto l’MI-6 – i servizi segreti britannici -, sotto pressione della CIA, decide di giocare di anticipo, assumendo un secondo infiltrato. Ma non una spia: un uomo comune, che passi inosservato e faccia arrivare più informazioni possibili agli alleati. Parte da queste premesse The Courier, spy movie diretto da Dominic Cooke e ospitato nella sezione della Festa “Tutti ne parlano”.
Il film narra la vicenda di Greville Wynne, “quell’uomo comune” assunto dai servizi segreti per scongiurare la minaccia del conflitto nucleare. Greville è un semplice uomo d’affari, passa le sue giornate tra il suo lavoro e la famiglia; spesso viaggia nei paesi dell’Europa orientale per svolgere i suoi affari: è l’uomo perfetto. Il suo compito è quello di stabilirsi in Unione Sovietica ed entrare in contatto con Ironbark, nome in codice della spia Oleg Penkovsky (Merab Ninidze), e svolgere il semplice ruolo di corriere. Greville faticherà a credere di essere il prescelto, come faticherà ad assumersi le responsabilità di questa missione. Ma non c’è altra soluzione.
“Forse siamo solo due persone, ma è così che le cose cambiano” dirà Oleg a Greville. È una storia “piccola” quella portata sul grande schermo da Cooke, ma dalla grande portata storica (nonostante la grande Storia resti fuori campo, o rilegata ad inserti archivio o trasmissioni radio), che, come lo cercano i suoi protagonisti per le sorti del mondo attraverso questa delicata operazione, cerca e trova il suo personale equilibrio in una messa in scena classica e nella magnetica performance del suo protagonista, Benedict Cumberbatch. L’attore britannico, introdotto da una simpatica contrapposizione a quello che fu il sempre preciso e ragionevole Sherlock (un facile errore su un campo da golf), ancora una volta dimostra buona alternanza tra tempi umoristici e tempi drammatici (molto intenso, anche grazie alla fotografia, il dialogo e il campo-controcampo finale con Oleg), finendo per reggere anche la pellicola nei pochi momenti di stanca. Anche la scrittura di Tom O’Connor, unico sceneggiatore della pellicola, è delle più classiche, tanto da seguire pedissequamente tappa per tappa la struttura del viaggio dell’eroe.
Insomma: The Courier è il più classico tra gli spy movie immaginabili sulla guerra fredda. Una storia che si svolge costantemente nell’ombra, tra parcheggi sotterranei e vicoli notturni, e destinata lentamente a dissolversi nell’ombra, come le minacce che i protagonisti riusciranno a scongiurare.