Cosa c’è dietro una giovane star diventata una delle icone più celebri d’America? La vita fuori dai riflettori è davvero come ogni comune mortale la immagina? Judy (trailer), il biopic su Judy Garland diretto da Rupert Goold e presentato alla Festa del Cinema di Roma risponde a queste domande.
Già dal titolo, Judy, capiamo che il film narra la vita di una celebrità con tono confidenziale. Il regista, infatti, fa capolino nella vita della piccola donna intervallata tra pillole e depressione. Goold racconta un periodo dell’esistenza della protagonista de Il Mago di Oz, riuscendo nell’intento grazie all’entusiasmante prova attoriale di Renée Zellweger. È interessante (e difficoltoso) come le due attrici, nate in epoche diverse con vite totalmente diverse, vengano per un momento riunite nello stesso film e, di conseguenza, nello stesso corpo.
Forse per paura, forse per insicurezza, l’autore non azzarda ad uscire dai canoni standard della regia. Non osa. Ed è per questo che la messinscena non offre nulla di originale ma nello stesso tempo, grazie ad un lavoro ad hoc sulla fotografia, il piano stilistico è terribilmente elegante ed affascinante. In sala, al buio, l’opera prende per mano lo spettatore e lo catapulta in un viaggio incredibile, all’insegna della disperazione, delle ansie e degli insuccessi della donna. Il lavoro più fruttuoso, in questo film, è sicuramente quello della Zellweger che, grazie ad una prova attoriale da Oscar, riesce a mantenere alto il profilo aumentando di gran lunga la credibilità al tutto.
Judy non è solo un film sulla vita di una cantante, ma lo specchio della situazione e degli studios hollywoodiani negli anni Trenta e Quaranta, periodo in cui le star avevano poco potere decisionale su loro stesse. È un biopic attuale ed introspettivo, in cui il mondo femminile viene esplorato a pieno titolo. I presupposti per un film più originale c’erano, ma è comunque da apprezzare la scelta manualistica di Goold. È solo per l’interpretazione magistrale dell’attrice che il film merita di essere visto. E poco non è.