In un caotico inizio in medias res Julia, interpretata dall’attrice esordiente Julie Ledru, ci appare fin da subito come una piccola selvaggia mentre si scaglia, invano, contro ragazzi più forti di lei per recuperare la sua unica ragione di vita: una motocicletta. Quando capisce di non avere chance, però, cambia repentinamente atteggiamento, riuscendo a convincere le stesse persone con cui stava litigando a darle un passaggio. Successivamente la vediamo per strada mentre si prepara freneticamente per l’appuntamento con un rivenditore. Calma ed inaspettatamente affabile Julia si mostra interessata a comprare la sua moto salvo poi, con la scusa di doverla provare, rubarla e sfrecciare via.
È così che inizia Rodeo (trailer), il primo lungometraggio della regista francese Lola Quivoron presentato al Festival di Cannes 2022 nella sezione Un Certain Regard e vincitore del Premio Speciale della Giuria nella quarantesima edizione del Torino Film Festival. Rodeo, così come il precedente cortometraggio della regista, Dreaming Of Baltimore, del 2016, esplora il mondo clandestino del motocross urbano, contraddistinto da una pratica specifica chiamata cross bitume ì, che consiste nell’eseguire acrobazie su un lungo tratto di asfalto. Un ambiente non solo conosciuto ma anche frequentato da Quivoron che ha dichiarato di aver assistito a vari raduni del gruppo di motociclisti Dirty Riderz Crew.
Il film, al contrario del cortometraggio, che presentava un taglio più documentaristico, pone il focus sulla figura di Julia, delineando, in modo non sempre rettilineo, la sua storia. Nonostante ciò Quivoron non rinuncia all’apporto spettacolare sul grande schermo delle acrobazie mozzafiato, realizzate da veri e propri motociclisti che si prestano al ruolo di attori dando vita a performance impattanti e viscerali. Il primo tema della narrazione si riferisce proprio a questa realtà fuori dagli schemi, legata a doppio filo con la morte. Morte che in tutta la durata del film ci dà la sensazione di essere in agguato, pronta ad abbattersi su tutti i personaggi, emergendo attraverso delle dimensioni oniriche perturbanti.
Non a caso Julia ha modo di inserirsi all’interno di questo mondo tramite la morte di un componente del gruppo di motociclisti (i B-More ) che, entrati nella dimensione del lutto, la lasciano gravitare in mezzo a loro, scrutandola sia con sospetto che fascinazione. La protagonista, con il suo temperamento impetuoso, non passa di certo inosservata, tanto da venire reclutata dal capo di questa banda, Domino (Sébastien Schroeder), che sfrutterà la sua tecnica per rubare più moto possibili al fine di smontarle e rivenderle illegalmente. L’uomo, pur trovandosi in prigione, non solo riesce a mantenere un solido controllo sulla banda ma costringe sua moglie Ophélie (Antonia Buresi) e il figlio ad un isolamento forzato, a cui Julia tenterà di sottrarli.
La protagonista si ritrova, dunque, immersa in una serie di complesse dinamiche che, lentamente, logorano le ragioni che l’avevano spinta a intraprendere quella vita: la libertà mista all’adrenalina e quel sentimento di onnipotenza che provocavano in lei le acrobazie ed i furti sono solo una faccia della medaglia. L’altra si rivela essere un sistema che risponde a gerarchie di potere e che gravita attorno al guadagno. Un guadagno di cui Julia, quasi in maniera naïf, non si cura, così abituata a prendersi ciò che vuole senza sottostare ad alcuna regola.
Un altro elemento importante è il rapporto tra Julia e Ophélie, due donne estremamente differenti che, in maniera graduale e inconsapevole, finiranno per legarsi, abbattendo così i muri che entrambe avevano eretto per poter sopravvivere in quel tipo di ambiente. Julia, così istintiva e a tratti animalesca, è difficile da avvicinare e provoca in chi le sta intorno amore o odio, senza alcuna sfumatura nel mezzo. Ophélie, al contrario, si trova a dover sottostare al volere di suo marito e “padrone” non perdendo mai l’aura di forza ed autorità che la contraddistingue. Le due si avvicinano soprattutto per via del carattere vivace e turbolento del piccolo Kais (Cody Schroeder), figlio di Ophélie, costretto in casa dall’arresto del padre. Una delle scene più significative vede, infatti, lo strano trio in sella ad una motocicletta mentre, uno abbracciato all’altra, sfrecciano tra le strade della periferia. Ciò, però, non passa inosservato e costringe madre e figlio ad una segregazione ancora più stringente.
Le ultime sequenze del film si possono definire decisamente criptiche ma è chiara la scelta di Julia nell’andare incontro ad un destino più volte predetto, se non già scritto. Una decisione che appare quasi come un sacrificio, un male necessario per poter salvare le uniche due persone (Ophélie e Kais), che hanno acceso in lei una scintilla d’amore, un calore legato ad una dimensione familiare che la donna non aveva mai provato prima. Nel complesso Rodeo è un film affascinante, pieno di azione ma anche pregno di sottotesti e scene ambigue che permettono allo spettatore di viaggiare lontano con svariate interpretazioni.
Rodeo sarà visibile in sala a partire dal 6 luglio.