Rocketman, He’s still standing

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Alla vigilia della sua uscita “Rocketman“, a giudicare anche dai trailer (che trovate qui), poteva benissimo essere spacciato per un “Bohemian Rhapsody” 2.0, film, tra l’altro, con cui condivide il regista (anche se Dexter Fletcher ha solamente completato le riprese del film sui Queen). Si è andati a pescare sempre in Inghilterra, sempre negli anni ‘70, ma stavolta la star al centro è Elton John, che ritroviamo anche nel ruolo di produttore esecutivo.

Mettiamo le cose in chiaro sin da subito: ci troviamo di fronte a una mera operazione di celebrazione/marketing, visto anche che il musicista è in giro per il suo tour finale, quello che segnerà definitivamente l’addio alle scene. Ma stavolta c’è qualcosa in più. “Based on a true fantasy” (“Per raccontare la sua storia bisogna vivere il suo sogno” in italiano) riportano le locandine, quasi a voler mettere le mani avanti, ad ammettere che la storia sarà frutto di esagerazioni volute, senza l’intenzione di raccontarci chissà quale verità. La musica è la colonna portante di “Rocketman“, ed interverrà in soccorso dell’azione: farà spiccare il volo ad Elton durante l’esecuzione di Crocodile Rock; Goodbye Yellow Brick Road detterà i tempi di un montaggio alternato tra Elton John e Bernie Taupin (interpretato da Jamie Bell, attore che esordì con Billy Elliot) e così via.

Siamo nei terreni del musical, quello della Broadway e della Hollywood classica, e che a volte finisce anche per ricordare il capolavoro “Rocky Horror Picture Show“. Una delizia per gli occhi, grazie anche agli ottimi costumi di Julian Day, pescati direttamente dal guardaroba di Elton John, e alla performance di Taron Egerton, capace di convincere sia dal punto di vista recitativo che dal punto di vista canoro, dimostrandosi all’altezza nel reinterpretare le hits del cantante londinese (con il quale duetta in Love Me Again).

“It’s a little bit funny, this feeling inside

I’m not one of those who can easily hide”

(Your Song – Elton John)

Attorno a questi momenti si struttura la trama, che parte in medias res, dal punto più basso della vita del cantante: l’ingresso in clinica di riabilitazione. Elton si ritrova a guardare in faccia la realtà per la prima volta nella sua vita, a fare i conti con le dipendenze e con la sua omosessualità, forse mai veramente espressa. E per quanto l’obiettivo del film potesse essere, come da sopra, celebrare unicamente la musica di Elton, attraverso gli stilemi del musical, la storia è la parte in cui il film finisce per rivelarsi debole: si sente la mancanza di una scrittura che riesca a supportare i momenti più profondi della vita del cantante, magari risolti troppo in fretta o trattati in maniera troppo semplicistica, scadendo in stereotipi classici del genere.

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