1770. La talentuosa pittrice Marianne (Noémie Merlant) viene ingaggiata per ritrarre Héloise (Adèle Haenel), giovane nobildonna maldisposta verso un destino incombente riservatole dalla famiglia e pertanto ostile anche a posare. Mariane dovrà dipingerla di nascosto, fingendo di essere la sua dama di compagnia, ma quando le due donne iniziano a frequentarsi tra loro scatta un legame inaspettato.
Vincitore al Festival di Cannes del premio alla migliore sceneggiatura e della Queer Palm, Ritratto della giovane in fiamme (trailer) è un film intimo e magnetico, di una compostezza raffinata che cela in sé il tormento delle passioni, svelate lentamente e annunciate da piccoli gesti. “Una tempesta sta arrivando”, come dice Marianne in merito a Le Quattro Stagioni di Vivaldi, un uragano interiore chiamato amore, ma apparentemente tutto tace e procede normalmente. La tempesta delle emozioni è celata in un rigoroso contenimento. Il vero campo di battaglia è interno ai soggetti, dove dimorano desideri e conflitti interiori e i tumulti del cuore si esprimono in sguardi e atteggiamenti corporei. È infatti un film che trova il proprio fulcro nell’intensità degli occhi delle proprie protagoniste e nella dialettica di sguardi che si genera tra loro.
L’atto dello scrutare è quasi il veicolo narrativo ed implica una potente riflessione estetica per quanto concerne il compito dell’artista di ritrarre la realtà. In particolare la questione si concentra sull’arte del ritratto, attraverso il quale si coglie l’essenza di un essere umano rendendone immortale bellezza e fragilità. Un sottile equilibrio tra convenzioni e libera espressione della personalità del soggetto. “Osservate” è da subito la parola chiave che apre il film con l’esercitazione di disegno delle giovani allieve. In posa una donna, Marianne appunto, che forte della corazza della posizione elegante e austera in cui posa nasconde il turbamento di un ricordo passato. Anche allo spettatore è richiesto di osservare attentamente, senza fretta e pregiudizi, sintonizzandosi sulla frequenza emotiva di queste donne misteriose.
Céline Sciamma sceglie di non adoperare una colonna sonora extradiegetica. Acquistano così maggior forza i pochi momenti musicali, interni al racconto e che irrompono con piacevole violenza, rispecchiando l’ardore delle emozioni: si tratta di due diverse esecuzioni dell’Estate de Le Quattro Stagioni e di un canto corale pagano dalla potenza dionisiaca. Per il resto gli unici suoni sono quelli degli oggetti, e un ritmo quasi musicale è raggiunto proprio dal rumore degli strumenti usati per dipingere.
La cinepresa studia i personaggi femminili con dedizione e dolcezza, così come Marianne fa con Héloise. La fotografia raggiunge un‘eleganza visiva avvolgente e austera al contempo, con composizioni affascinanti che si servono a pieno del corpo femminile, come una delle prime meravigliose inquadrature di Marianne seduta nuda di fronte al camino che fuma la sua pipa. Héloise viene inquadrata da prima di spalle, avvolta dal suo lungo mantello blu. È la donna del mistero, la figura femminile del romanticismo vittoriano. C’è un alone gotico intorno a lei, il suo abito scuro simboleggia la malinconia, le sue corse sfrenate verso il mare un desiderio irruento di libertà impregnato di un istinto autodistruttivo.
Verso il finale di Ritratto della giovane in fiamme la sua immagine assume a tratti contorni onirici quasi funebri, anche perché subentra la tematica del ricordo, associata al mito di Orfeo e Euridice, di cui vengono inoltre formulate interessanti interpretazioni essenziali alla comprensione del film stesso “Sceglie il ricordo di Euridice. Non fa la scelta dell’innamorato, ma del poeta”. Héloise ed Euridice vengono presto a coincidere visivamente e simbolicamente, portandosi dietro anche l’eco di un repertorio femminile cinematografico noir, come le donne di Rebecca e Vertigo di Hitchcock, associate anche esse a sinistri castelli sul mare, scalinate oscure e ritratti enigmatici. L’interprete di Héloise adotta un’espressività inizialmente quasi impenetrabile e statuaria, per poi sciogliersi lentamente e rivelare sempre nuove sfumature.
I colori hanno una loro potenza evocativa notevole, a partire dagli abiti: oltre al blu troviamo il rosso, che è poi il colore del fuoco, elemento simbolico molto presente, metafora di passione e corrosione, tormento e tragedia; l’eleganza di un verde che rimanda all’immaginario di film come Vertigo e Espiazione.
È anche un film di solidarietà femminile, che si sbilancia su tematiche quali l’aborto e le ingiustizie sociali nell’ambito artistico. Le figure maschili sono quasi totalmente assenti, ma la loro presenza è comunque ingombrante e l’idillio di questa solitudine femminile libera dalle convenzioni è limitato a pochi giorni. C’è un senso di inerzia e mancata ribellione, un adagio sul dolore e la rassegnazione, una sublimazione mentale del passato e di una bellezza che rimarrà intatta nella rimembranza.
Con Ritratto della giovane in fiamme Céline Sciamma firma una perla di cinema seducente nei suoi silenzi e in una grazia visiva ammaliante, contando su due attrici protagoniste incisive e l’intensità della propria regia.