In pochi lo sanno, ma esisteva un comico che si faceva chiamare Totò molti anni prima del Principe De Curtis. Stiamo parlando di Émile Vardannes [1] (1873-1951), interprete tra il 1909 e il 1912 di ben 22 comiche in cui vestiva i panni del protagonista con tale pseudonimo.
Parigino, originario di una famiglia di artisti teatrali e del circo, Vardannes approda ben presto al cinema in Italia con questo personaggio. Non è chiara, purtroppo, l’origine dello pseudonimo. I tratti di questa maschera erano abbastanza essenziali. Vestiti a righe, quasi da sedia elettrica, cappello a falde basse e faccia buffa e spiritata. Molti di questi corti, per la stragrande maggioranza prodotti dall’Itala Film, oggi sono andati perduti, ma i pochi rimasti sono stati fortunatamente caricati su Vimeo dalla Cineteca Italiana. Il primo cortometraggio di cui abbiamo conoscenza con Vardannes nei panni di tale personaggio è Il natale di Totò, proiettato nel 1909, per la regia di Ernesto Maria Pasquali. A onore del vero esiste un altro corto, di poco precedente e riportato su un giornale dell’epoca, dal titolo Sogno di Totò (1908) ma non è chiaro se sia stato interpretato da Vardannes. Molti altri titoli lasciano suggerire trovate di indubbia suggestione comica, come Totò dimagrisce, La farfalla di Totò o Totò innamorato.
La maschera di Vardannes, lontana ovviamente anni luce da quella di De Curtis, ma anche dai successivi comici internazionali come Chaplin, Keaton, Lloyd e Laurel e Hardy, era molto più vicina alla fisicità rocambolesca dei comici a lui coevi come Polidor, Cretinetti, Pik-Nik, Rococò, Firulì, Tontolini e molti altri. Nei limiti di un cinema tout-court legato alla pura attrazione visuale, quella del comico parigino non poteva che essere un’impresa performativa basata sul gesto buffo e sullo stravolgimento del pudore quotidiano.
In quasi tutti i corti in questione, Vardannes era anche regista e, si fa per dire, sceneggiatore, in un periodo in cui la sceneggiatura ovviamente era soltanto un’indicazione nello svolgimento delle azioni fisiche dei personaggi, non essendoci il parlato. Dopo il 1912, Vardannes tuttavia smette di farsi chiamare Totò, e gira altre 14 comiche con lo pseudonimo di Bonifacio. Curioso notare come, tuttavia, nel 1914 esca un’ultima comica intitolata La prima avventura di Totò, e non ci è chiaro se questa fosse un lavoro girato precedentemente e distribuito soltanto in quel periodo, o se questa poteva essere la prima di una nuova serie che sancisse il ritorno di Vardannes al personaggio di Totò. Terminata anche quest’esperienza, si dedicherà ad altri ruoli nel cinema, tra cui una partecipazione al lungometraggio Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone.
Un altro lato che, a oggi, resta oscuro è questo: che l’adolescente Antonio Clemente (negli anni successivi De Curtis e quindi Totò) possa aver tratto ispirazione per il suo pseudonimo artistico da Vardannes? Se la risposta fosse sì, ci dovrebbe venire da chiederci quanto il comico francese possa essere stato ispiratore per l’estro creativo del popolare attore napoletano, come sottolinea giustamente anche Simone Riberto, in un meticoloso studio su Totò reperibile integralmente sul web [2]. Tuttavia, l’ipotesi che ancora oggi resta più realistica è quella che il giovane comico possa aver scelto come pseudonimo Totò per il semplice fatto che quello era sempre stato il suo vezzeggiativo, ovvero la troncatura napoletana di “Totonno”.
Per farsi un’idea del potenziale comico del primo Totò cinematografico, consiglio la visione di uno dei cortometraggi superstiti, Totò sull’acqua (1911).
[1] Scritto anche Verdannes in alcuni giornali dell’epoca
[2] Simone Riberto “Facile dir Totò, superficialità, parzialità e luoghi comuni su Totò Clemente De Curtis criticati da Simone Riberto”, reperibile al seguente link.