Tra le cose a cui Claudia (Ángela Molina, anche in Carne trémula e Los abrazos rotos di Pedro Almodóvar) tiene di più ci sono i fiori del suo giardino. Le piace sedersi a fianco a loro, ammirarli e prendersene cura, pulirli dalle foglie secche ed ascoltarne la linfa vitale. Teme che, quando si sarà fatta più intensa, la sua sofferenza finirà per inaridire sia lei che i suoi amati fiori. Perché lasciare che questo momento arrivi? Si dice che il dolore abbia tanto da insegnare, ma la vita, per Claudia, non è da imparare, è solo da vivere. E quando il dolore rende impossibile farlo, perché continuare a vivere una vita che già non è più vita?
In concorso nella categoria Progressive Cinema della diciannovesima Festa del Cinema di Roma, Polvo serán (trailer) è il sesto lungometraggio di finzione del regista e sceneggiatore spagnolo Carlos Marques-Marcet. Claudia non è ancora sul punto di morte, ma sa che non le rimane molto tempo prima che il suo corpo esali l’ultimo respiro. Flavio (il cileno Alfredo Castro, anche in Tony Manero e Post Mortem di Pablo Larraín), suo compagno di sempre, non potrebbe sopportare l’assenza di lei. La sua esistenza, come i fiori del loro giardino, sarebbe inaridita dalla sofferenza. È deciso: poiché il vivere dell’uno dipende da quello dell’altra, Claudia e Flavio porranno fine ai loro giorni insieme, dopo aver assunto del pentobarbital sul letto di uno spoglio hotel circondato dalla neve svizzera.
Polvo serán fa assaporare tutto il succo della vita in 107 minuti. E lo fa attraverso qualsiasi mezzo a sua disposizione. Lo sguardo dell’obbiettivo guidato da Marques-Marcet è quello dell’amore: ci lascia il tempo di soffermarci sulle mani intrecciate degli amanti, sui loro volti di cui notiamo l’intessersi delle rughe, il grigio cenere dei capelli di lei, il bianco della barba di lui, le espressioni di commozione, estasi e dispiacere. Ma quella di Polvo serán è anche una regia che si diverte a tendere piccole trappole allo spettatore, un po’ per assicurarsi che questi sia ancora con Claudia e Flavio, un po’ per farlo famigliarizzare con la percezione metateatrale che la coppia ha di ciò che del mondo gli si pone davanti, sempre al confine tra realtà e finzione.
Marques-Marcet ci confonde già con la prima sequenza. I titoli di testa appaiono e scompaiono su una tenda di velluto bordeaux, della quale, visto il sottofondo musicale di opera lirica, si immagina la collocazione sul palcoscenico di un edificio teatrale. Si scopre presto, però, non appena i tendaggi vengono fatti scorrere da una delirante Claudia, che si tratta di un velo separatorio all’interno di un appartamento. La (conclusione della) storia di Claudia e Flavio, dunque, prende avvio con un’apertura di sipario. Ancora con riferimento alla scena iniziale, alla fine di questa la musica lirica che la accompagna si scopre essere, con Flavio che spegne il lettore CD, derivante dal mondo rappresentato, e non extradiegetica come si è in un primo momento dato per scontato.
Soltanto verso la metà del film, durante il colloquio del protagonista con lo psicologo che dovrà riconoscergli l’idoneità all’eutanasia, si scopre che lo stato delirante in cui ci è stata presentata Claudia e a cui è seguita la diagnosi del suo tumore è scoppiato proprio mentre il marito, regista teatrale dalla lunga carriera, stava dirigendo lei – a sua volta eminente stella del firmamento teatrale spagnolo – nelle prove del riadattamento della Medea da lui curato.
Flavio, come ha fatto per tutti gli anni in cui hanno vissuto insieme, anche verso la fine dei loro giorni continua ad essere attento osservatore del dispiegarsi della vita esplosiva della sua amata. Le poche scene di genere musical, che del personaggio dovrebbero esprimere ciò che non può mettere a parole – come l’immagine della morte, per definizione astratta –, coinvolgono soltanto Claudia, che ne è sempre la protagonista, fatta eccezione per quella interpretata dalla figlia Violeta (Mònica Almirall), comunque rivolta alla madre. È evidente che Polvo serán sia una tragedia di cui Claudia è il personaggio femminile centrale, come di tradizione, destinato alla morte.
Secondo la stessa Violeta, sulla base di questo, cosa ci si potrebbe aspettare dalla madre, se non un gran finale, un’uscita di scena ad effetto – qui il suicidio assistito con il marito? L’amore è il più grande valore che Claudia e Flavio hanno trasmesso ai propri figli, ma l’hanno fatto, non tanto amando loro, quanto amandosi l’un l’altra. Del resto è l’un l’altra che si sono promessi di esserci per tutta la vita, chi dal loro amore è nato, invece, è destinato ad andarsene altrove e a tornare solo di rado. Se Medea è disposta ad uccidere i propri figli per vendicarsi del tradimento del marito Giasone, Claudia e Flavio sono disposti a lasciarli per sempre in nome dell’intenso e prezioso legame che li tiene indissolubilmente uniti.
La sceneggiatura di Marques-Marcet, Clara Roquet e Coral Cruz è brutalmente onesta e disseminata di dolorose verità. Tutti nel film, chi prima chi poi, se ne fanno portavoce, arrivando a dirsi come si sentono nello spazio angusto delle loro vite, come si sentono gli uni rispetto agli altri. È questo ciò a cui porta la coscienza dell’imminenza della morte. I personaggi si feriscono tra loro e feriscono noi, che, dalle poltrone di un cinema, veniamo sollecitati ad una riflessione sulla morte, e ci sentiamo vivi.
Il film di Marques-Marcet ci parla dell’idea della fine dell’esistenza e si riveste di un involucro visivo che dell’esistente esibisce il suo lato più rigoglioso. Le immagini risultate dalla vincente sinergia tra la scenografia di Verónica Díez e la fotografia di Gabriel Sandru sono raggianti e accoglienti, ci invitano ad addentrarci nella sacra intimità dei luoghi in cui Claudia e Flavio consumano ogni briciola possibile dell’amore che gli resta da vivere. Pau Aulí avvolge le fattezze naturalmente eleganti di Molina con i tessuti più pregiati: anche gli abiti quotidiani sono per la protagonista costumi di scena che servono alla più completa espressione del personaggio che è lei stessa. Il rosso, il giallo dorato e il blu marino delle vesti di Claudia, poi, l’arancione, l’indaco e il violetto dei fiori del suo giardino e di quelli che contornano il letto del suo addio al mondo terreno procurano godimento sensoriale, ancorano gli occhi allo schermo.
Aiutati, come evidenziato, dai comparti tecnici, sono Molina e Castro il cuore pulsante di Polvo serán: mettono in campo tutta la loro esperienza artistica e coinvolgono ogni particella dei loro corpi segnati dal tempo per restituire una delle performance più emozionanti del 2024. Marques-Marcet ha realizzato uno dei film più toccanti degli ultimi anni.