Come sinfonia (Baldini & Castoldi, pg. 432) scritta insieme al prof. Anton Giulio Mancino, è la biografia di Pino Donaggio, cantautore e compositore di colonne sonore cinematografiche. Celebri infatti le sue musiche di film come A Venezia… un dicembre rosso shocking di Nicholas Roeg, Carrie, lo sguardo di Satana di Brian De Palma, L’ululato di Joe Dante, Non ci resta che piangere di Troisi e Benigni e molti altri.
Da sempre grande fan del suo lavoro (sia da cantante che da compositore) ne approfitto per stringere un po’ di confidenza con il maestro, rivolgendogli alcune domande. Il libro si avvale di una breve e affettuosa prefazione di Terence Hill.
Alla soglia degli ottant’anni, che sta per compiere, lei scrive la sua autobiografia. Da quanto tempo aveva quest’idea nel cassetto?
Ci pensai la prima volta nel 2015, in occasione del Premio alla Canzone Io che non vivo senza te al Festival di Sanremo. Ritirai il premio e Virginia Raffaele mi avvicinò, pronunciando la battuta
Ci pensai la prima volta nel 2015, in occasione del Premio alla Canzone Io che non vivo senza te al Festival di Sanremo. Ritirai il premio e Virginia Raffaele mi avvicinò, pronunciando la battuta “diamo finalmente il premio a Pino Donaggio, creduto morto anche dai parenti!”. Ridemmo tutti, ma io pensai “strano che nessuno ricorda di quello che ho fatto negli ultimi quarant’anni con il mio lavoro da compositore negli USA”. Poi un giorno venne a trovarmi Anton Giulio Mancino e mi chiese “ti piacerebbe scrivere una biografia?”. E quella mi sembrò l’occasione giusta per raccontare tutte le sfaccettature della mia carriera anche a chi pensava che mi fossi ritirato negli anni ’70, quando smisi di cantare.
Non a caso lei nel 1973 firma la sua prima colonna sonora, A Venezia… un dicembre rosso shocking e allo stesso tempo incide il suo ultimo 45 giri, La voglia di vivere.
Si, anche se poi nel 1976 incisi un altro disco, un LP dal titolo Certe volte… che contiene brani molto belli come Mario. Avevo da pochi mesi composto la colonna sonora di Carrie, lo sguardo di Satana e questo mi spinse a ‘tornare’ come cantante, su suggerimento di Roberto Danè. Il disco era stato pubblicato dalla Produttori Associati, che l’anno dopo confluì nella Ricordi per fallimento. Il suo dirigente, Antonio Cassetta, fallì quindi e allora mi dissi “no vabbè, è proprio destino che io la smetta di incidere come cantante” (ride). Poi tre anni dopo Jannacci decise di incidere Mario, perché gli era piaciuta da morire.
Eppure, lei esce di scena come cantante in un periodo in cui, grazie al pezzo L’ultimo romantico. stava riacquisendo una nuova popolarità.
Vero. A quei tempi, tra il ’71 e il ‘73, andavo tutte le estati in Spagna e riscuotevo ancora un certo successo. Avevo trascurato un po’ l’Italia, questo sì, non cantavo nelle piazze principali dei live, come la Bussola di Viareggio ad esempio.
Lei ha presentato L’ultimo romantico a Sanremo 1971 in coppia con Peppino di Capri. Idea sua quella dell’accoppiata con Peppino?
No, è stata della mia casa discografica, la Carosello. Quando me la proposero feci i salti di gioia… perché ritenevo di non essere molto fortunato con le accoppiate sanremesi. Mi viene in mente il caso di Io che non vivo, portata in coppia con Jody Miller che quando cantava in inglese era eccezionale ma che in italiano, purtroppo, non funzionava. Invece quella con Di Capri, devo ammetterlo, è stata un’accoppiata felice.
Quindi, sul finire del 1973, inizia la sua parabola da compositore.
Tutto è cominciato quando ho incontrato a Venezia Ugo Mariotti, coproduttore di A Venezia… un dicembre rosso shocking (Don’t look now). Mi hanno chiesto di comporre la musica, che vinse poco dopo il premio come miglior colonna sonora dell’anno in Inghilterra. Allora pensai “forse questa è la mia strada”, anche perché da compositore potevo finalmente tornare a sfruttare i miei studi di musica classica giovanili. Allora dissi ai ragazzi con cui suonavo durante i concerti “se volete continuate pure a suonare per conto vostro perché io non canterò per un anno, tanto i dischi si vendono lo stesso”. Poi ho fatto il secondo film, e quindi il terzo… fino a Carrie di De Palma, che mi è stato chiesto mentre stavo scrivendo le musiche di Un sussurro nel buio di Marcello Aliprandi.
Fu De Palma a chiederle la colonna sonora?
No, il suo montatore, Paul Hirsch, futuro premio Oscar per Guerre stellari (1977). Hirsch parlava italiano, e aveva ascoltato la colonna di Don’t look now. Era morto da poco Bernard Herrmann e mi chiese se volessi comporre le musiche di Carrie… Ripeto, la mia carriera da compositore fu una buona occasione per sfruttare i miei dieci lunghi anni spesi al conservatorio.
Eppure, nel brano La ragazza col maglione del 1962 lei si innamorava di una tipa che descriveva così, “ma che Chopin, Bach e Liszt, per lei esiste solo il twist!”
Pensa che quello è stato il mio pezzo a restare più a lungo in Hit Parade. Ha resistito per ben diciannove settimane. Non me lo ricordavo proprio, l’ho riscoperto ora, durante la stesura di questo libro. Quell’estate la canzone era sempre seconda, dietro a Celentano. Peccato, non è rimasta nel tempo.
Molti suoi brani di quel periodo meriterebbero ancora una doverosa riscoperta, Svegliati amore ad esempio.
Sai quante volte ci ho pensato? Avrei voluto proporla a Franco Battiato per il suo disco Fleurs (1999), in cui interpretava vecchi brani di altri artisti. L’avrebbe riarrangiata magnificamente. Anche Giovane giovane andrebbe rilanciata.
Canzone che trae ispirazione dal nome del suo complesso di allora, i Giovani Giovani per l’appunto. I ragazzi furono tra gli apripista della tournée italiana dei Beatles del 1965, ma senza lei…
Certo, io non andai. I miei pezzi non stavano bene con quelli del gruppo di Liverpool, era un genere diverso. I Beatles mi piacevano, certo, molto di più dei Rolling Stones. Li ritenevo più melodici, più affini al mio gusto sonoro. Pensa che Yesterday avrei voluto scriverla io, però avevo già fatto Io che non vivo, quindi non posso lamentarmi!
So che lei non ama il revival.
Non mi piacciono, è vero. Mi mette tristezza pensare a quelle voci della mia generazione cantare le vecchie battaglie. C’è chi si diverte a farlo, io non sono tra questi.
Se non sbaglio non ha neanche reinciso i suoi vecchi brani.
No, ma me lo hanno proposto, parecchie volte, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. E ho sempre rifiutato. Una sola volta ho cantato dopo il ritiro del ’76; a Sanremo 2015, con tutti gli altri. Mi hanno detto che la voce c’è ancora…
Come vede i talent show d’ultima generazione?
Mi sembrano interessanti, anche se sono in tanti a criticarli. Ma in fin dei conti sono ottimi, perché ogni tanto sfornano delle scoperte straordinarie, come i Måneskin, Sangiovanni, e molti altri.