L’animazione è da sempre una parte fondamentale della Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro e della sua programmazione, per questo anche quest’anno la Mostra propone diverse iniziative tra cui un omaggio all’illustratore Gianluigi Toccafondo, autore della sigla di questa edizione della Mostra, una rassegna di corti dedicata alla golden age dell’animazione italiana, con particolare riferimento alle opere dell’animatore Manfredo Manfredi, e una rassegna di 20 corti di giovani animatori italiani provenienti da scuole e accademie di cinema.
Gianluigi Toccafondo vanta una carriera invidiabile, divisa tra la pittura, l’illustrazione di libri, la realizzazione di manifesti, loghi animati (quello della Fandango, ad esempio), sigle per alcuni dei più grandi festival di cinema, animazioni per l’opera, e l’aiuto-regia nel cinema come nel caso di Gomorra di Matteo Garrone. L’artista sammarinese si forma all’Istituto d’Arte di Urbino tra le opere di Piero della Francesca e fin da subito, grazie anche allo stimolante rapporto con il padre ceramista, coglie il fascino dell’immagine in movimento, realizzando bozzetti a partire dalle sequenze di danza di Fred Astaire e Ginger Rogers e lo studio delle immagini di Muybridge.
Appassionato di cinema noir e dei film di Fritz Lang, ritroviamo i colori forti tipici del genere e i volti espressionisti in quasi tutti i 10 cortometraggi scelti da Toccafondo per la rassegna a lui dedicata. Nella selezione proposta troviamo la sigla realizzata per la 56esima Mostra del Cinema di Venezia, Pinocchio, rielaborazione del romanzo di Collodi, Essere morti o essere vivi è la stessa cosa, tratto da una poesia di Pasolini, e Luciano Pavarotti, un’animazione dedicata al grande tenore. Le opere di Toccafondo sono estremamente suggestive: il colore, materia d’elezione dell’artista dall’adolescenza passata con il padre nel laboratorio di ceramiche, prende vita dalle sue mani (che utilizza direttamente al posto dei pennelli) in forma di macchie fluide e sfuggenti. A Toccafondo non piacciono i confini netti della linea, la sua arte è come quella di un bambino e non a caso i suoi riferimenti pittorici più grandi sono Henri Matisse e Scipione, che giocano con il colore più che semplicemente utilizzarlo.
Dal racconto dell’esperienza come aiuto-regista sul set di Gomorra di Matteo Garrone, emerge un’importante riflessione dell’artista che forse ci restituisce anche la sua personale idea di narrazione per immagini. Parlando delle giornate trascorse presso le Vele di Scampia per le riprese e dell’evidente condizione di disagio in cui si trovarono a girare gran parte delle scene, Toccafondo spiega come per lui sia necessario fare una selezione della materia narrativa prima di riprodurla nella sua interezza includendone anche i dettagli più esasperati (e difficili da immaginare senza un’esperienza diretta), e quindi «fare un lavoro da cui si intuisce che dietro c’è un mondo, altrimenti rischia di diventare tutto un baraccone», per facilitare la fruizione della storia anche da parte dello spettatore più distante da quel contesto.
Il programma di animazione della Mostra prosegue con alcuni titoli legati all’opera dell’animatore italiano Manfredo Manfredi, autore della celebre sigla di Carosello. Vicino al cinema d’impegno politico di Francesco Rosi, Elio Petri e Giuliano Montaldo, Manfredi ha da sempre manifestato il suo interesse per il clima socio-politico del paese ispirandosi spesso a fatti di cronaca per le sue animazioni. In Ballata per un pezzo da Novanta ci offre una storia animata della mafia attraverso la vicenda di Serafina Battaglia, prima donna a contrastare la criminalità organizzata siciliana; in K.O. troviamo la malinconica storia di un pugile che prepara il suo suicidio; Rotocalco invece è una parodia pop della stampa di fine anni Sessanta. Manfredi unisce con grande abilità uno sguardo fresco e vitale sulla realtà che lo circonda a una consapevole presa in carico delle istanze sociali che ha a cuore, e sceglie a volte soluzioni più ricercate come in Dedalo e altre una via più pop e godibile.
Dopo gli omaggi ai due veterani dell’animazione italiana la Mostra dà infine spazio ai giovani esordi in questo genere, per lo più studenti di scuole e accademie, ma anche a registi affermati e apprezzati anche fuori dall’Italia, come Igor Imhoff e Donato Sansone. Ognuno con le sue forme e i suoi contenuti, l’aspetto che colpisce di questi esordi e che in qualche modo li accomuna è un approccio intimo e autoironico al medium cinematografico, come se, consapevoli di star muovendo i primi passi in questo mondo, i registi più giovani si lasciassero andare al divertimento della sperimentazione iniziando allo stesso tempo a formare uno stile personalissimo. Questa tendenza riscontrata nella rassegna degli esordi animati fa ben sperare sulla possibilità di una nuova ricerca di forma e di senso.