La matinée del 21 giugno alla 58esima edizione della Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro si è aperta con la responsabile dell’Archivio di Pesaro, Arianna Zanfini, che ha presentato la mostra con il materiale d’archivio completo del Festival di Pesaro raccolto dal 1964 al 1981, realizzata grazie al contributo della Direzione Generale Archivi del Ministero della Cultura. La mostra include gli Statuti (che raccolgono i dati necessari per la realizzazione del Festival), un nucleo personale su Lino Miccichè e una documentazione critica contenente la verbalizzazione delle tavole rotonde e dei programmi delle edizioni passate.
Il secondo incontro è stato incentrato sulla pubblicazione della seconda edizione del volume Il cinema vivente di Saint-Pol-Roux a cura di Andrea Balietti e Giorgiomaria Cornelio. Sant-Pol-Roux è stato un poeta simbolista francese che ha collezionato appunti, annotazioni e riflessioni tra il 1925-1930, successivamente raccolti e fatti pubblicare dalla figlia dopo la sua morte (negli anni ’70). Si tratta di un libro essenziale perché “fa del cinema una promessa danzante dell’avvenire e un mezzo che consente di entrare più a fondo nella caverna platonica per arrivare al Sole infuso”. Attraverso termini come video-realtà o in-sognare, il poeta rinvia ad un’idea di cinema in grado di incarnare il sogno e di rendere visibile l’invisibile. Cinema plastico e vivente, arte delle sorprese progressive, destinato a sconfinare nella magia. La riedizione fa parte della collana chiamata anche essa Cinema Vivente per mettere in risalto un’impronta biologica ed organica, ovvero l’idea di un insieme di libri messi in sequenza come un montaggio, destinati a costituire un organismo. La collana recupera un’idea viva di libro che deve entrare in connessione con altri volumi per attivarsi.
La matinée è poi proseguita con l’incontro con il film-maker Riccardo Giacconi coordinata da Giulio Sangiorgio e Mauro Santini. Quello proposto dal film-maker è un cinema che parte dal documentario come raccolta di immagini e parole che recano con loro le tracce del passato. Un cinema all’apparenza scientifico che, però, si pone l’obiettivo di porre domande e non restituire risposte certe. Le immagine sono intese da Giacconi come spettri, presenze che sono tra di noi su un registro diverso e che possono essere evocate. Il dispositivo è invece paragonato ad una casa come luogo di esperienza delle tracce del passato. I suoi lavori, che verranno presentati al Festival sabato 25 giugno, sono stati divisi in due blocchi: persone e luoghi.
All’interno del primo gruppo spicca un film-evocazione sulla poetessa Marialuisa Spaziani composto da immagini di pesci e animali acquatici “animate” da un voice over, giustapposte alle sue poesie che scorrono su schermo nero. La poetessa, in questo modo, viene ritratta attraverso un suo annullamento fisico. Nel secondo gruppo attira l’attenzione Gondwana, un film che ritrae la comunità Tuareg stabilitasi a Pordenone .Attraverso il parallelismo tra i paesaggi friulani e luoghi di appartenenza della comunità africana (deserto del Sahara), il regista porta sullo schermo il tentativo di mantenere le proprie radici all’interno di un contesto diverso.
Il ciclo di incontri si è concluso con un confronto tra la film-maker Anna Marziano, Federico Rossin e Rinaldo Censi. Il suo è un cinema che si muove sul solco di un’ecologia dei mezzi ma che non trascura le possibilità offerte dall’apparato tecnico. In gran parte dei suoi lavori ha deciso di adoperare la pellicola non per una spinta purista, ma per una connessione intima emersa durante l’adolescenza. Inoltre, lavorare con la pellicola le consente di conservare una relazione organica tra i colori, legata alla trascrizione della luce. Il cinema della Marziano invita lo spettatore a costruirsi un proprio percorso nel “fra le immagini”. Per liberare il pubblico da una struttura coercitiva, la film-maker pone grande attenzione al sonoro. La realizzazione dei suoi lavori, infatti, passa prima attraverso la registrazione dei suoni e, solo in seconda istanza, vengono individuate le immagini che, associate alla colonna audio, daranno corpo alla sua idea. Le sue referenze cinematografiche sono Agnès Varda e Johan Van Der Keuken. Il secondo, in particolare, non si è mai mostrato davanti la macchina da presa, ma ha restituito la sua soggettività all’opera. Marziano compie un passo ulteriore: cancella la propria soggettività facendola migrare nella struttura stessa del film. Girando principalmente a basso budget e facendo ricorso a diversi sostegni e fondi, la film-maker lavora principalmente da sola ponendosi al di fuori dell’industria mainstream.
Di Federico Rinaldi e Francesca Nobili