È iniziata la cinquantasettesima edizione della Mostra Internazionale del nuovo cinema di Pesaro. Stante le complicazioni legate alla pandemia ancora in corso, anche quest’anno il programma prevede una serie di eventi ed incontri con ospiti ed artisti Internazionali. Tra le novità importanti di quest’anno troviamo la sezione Vedo Musica – Video Clip Italiani e il Pesaro Film Festival Circus – Cinema di Bambini che si aggancia ad una cospicua proposta di lavori audiovisivi di animazione.
Il secondo incontro per il matinée, organizzati anche quest’anno al cinema Astra e mediati dal direttore del Festival Pedro Armocida, ha previsto la presentazione del nuovo libro di Christian Uva, L’ultima spiaggia: Rive e derive del cinema italiano, edito da Marsilio. Concentrandosi su un periodo che va dagli anni ’30 agli anni ’80, lo studioso traccia una storia culturale del cinema italiano attraverso uno dei suoi topoi più importanti, la spiaggia, «luogo mediano tra l’entroterra e l’infinito del mare, di libertà ed emancipazione […] regressione quanto trasgressione» indagando sul ruolo centrale – e poco trattato in ambito accademico – che essa ha avuto nella rappresentazione del costume e dell’identità nazionale. In questo senso, se ne rimarca ulteriormente l’importanza per comprendere anche in che modo sia mutata la costruzione e la rappresentazione del maschile e del femminile all’interno del cinema italiano.
La seconda parte del matinée ha previsto il primo incontro con gli autori dei film in concorso per il premio Lino Micciché. Il primo ad intervenire è Mouaad el Salem, che risponde alle domande sul suo corto This Day Won’t Last, una storia che può essere connotata da una valenza intimistica e autobiografica riguardante la produzione dei materiali fotografici. Questi scatti sono infatti per il regista un mezzo di evasione da una realtà sociale e religiosa che reprime l’omosessualità . Allo stesso modo però come afferma Mouaad : «Il film non parla solo di me, ma di tutti gli omosessuali Tunisini» questo viene espresso dalle scelte formali attuate, in particolare la scelta di non mostrare il volto «permette di dare voce a tutti gli omosessuali che vivono la mia stessa condizione».
Adriano Valerio presenta il suo The Night Walk. La regia del film viene realizzata da remoto, durante il periodo di lockdown. Oltre a questa peculiarità è interessante notare la volontà del regista di dare voce ad una situazione di stress e costrizione vissuta da un suo amico (che figura come coautore), che si trova a vivere per puro caso a Pechino; raccontando questa storia ad Adriano attua un percorso di terapia che si riflette, sia sull’autore che sullo spettatore, attraverso la ri-mediazione di materiali filmici e delle condizioni vissute dal protagonista. «È stato un film che mi è arrivato addosso. Non credevo di fare un film su questo tema, ma quando mi è stata raccontata questa storia ne ho sentito la necessità».
Xacio Bano torna a confrontarsi con il tema della trasposizione di lettere e foto in immagini in movimento. Come in un altro suo cortometraggio Eco, in Deep Water il regista parte da una ricerca di archivio su alcune lettere e fotografie appartenenti ad un soldato, che in un mese e mezzo mostrano come dalla paura di un ragazzo di diciassette anni si arrivi alla volontà di combattere di un uomo diventato ormai soldato. Il corto viene sviluppato attraverso una metafora marina, mostrando delle forme di vita che si mantengono grazie a particolari batteri che emettono luce e che oltre a renderli visibili ne permettono la riproduzione e il sostentamento. Attraverso questa metafora Bano ci mostra come il montaggio permetta di dare nuova vita a materiali che rispetto al cinema possono sembrare statici. «Mi interessa molto la forma, giocare con le parole scritte che al contrario del cinema sono statiche, volevo raccontare questa sfida».
L’ultimo regista ad intervenire è l’argentino Nicolas Zukerfeld regista e docente che attraverso il suo corto mette in scena il lato ludico e maniacale della ricerca accademica: «questo film è la manifestazione di questo dialogo che esiste tra le due parti». Il corto ci mostra come si possa entrare in dei vicoli ciechi che difficilmente riescono ad essere risolti attraverso la ricerca, ma che allo stesso modo si rivelano significativi per stimolare una conversazione sulle pratiche consolidate del cinema classico; attraverso la messa in scena della ripetizione e della variazione minima delle inquadrature.
A cura di Valentino Pirola, Mattia Pizzari, Riccardo Consalvi
A seguire l’intervista a Christian Uva.