Pesaro 20 giugno. Per la giornata di oggi al Centro Arti Visive Pescheria primo importante incontro è quello sugli “Sguardi Femminili Russi”, moderato dalla curatrice della rassegna, giunta alla sua decima edizione, Olga Strada. Il primo ospite è la responsabile del Centro dei festival cinematografici e programmi internazionali russo Irina Borisova che mette in risalto la sinergia tra Mosca e Pesaro: “il tentativo è quello di cercare di invitare autrici che, seppur giovani, hanno già elaborato uno stile ed una sensibilità ben definiti, alimentando un interesse per il cinema russo che fino ad ora non è mai calato”.
Le invitate al panel sono le registe Marianna Sergeeva, con il documentario Kanikuly, Elizaveta Stishova, che porta il già pluripremiato Sulejman Gora, e l’attrice Maria Borovicheva, presente nel film Port di Aleksandra Streljanaja. Interviene inizialmente la Sergeeva spiegando come la scuola del documentario di Marina Razbezkina abbia avuto su di lei una influenza determinante: “per accedere alla scuola, Marina è solita scartare studenti di cinema e favorire l’ingresso a ragazzi con storie di vita particolari, i quali durante la durata del corso sono chiamati a realizzare due differenti progetti”. Aggiunge, inoltre “l’importanza di attenersi a rigide regole che portano a una resa della realtà nella sua essenza più profonda, fine che può essere raggiunto utilizzando specifiche tecniche di lavoro, come il divieto dell’utilizzo dello zoom, della musica extradiegetica, o di qualsiasi altro escamotage lontano dalla verosimiglianza della resa attoriale”.
Prosegue poi Elizaveta Stishova, illustrando le idee alla base del suo lavoro: “la mia volontà non è quella di rendere i paesaggi ma quella di raccontare la storia dei quattro personaggi protagonisti e di riprenderli tutti assieme, cercando di limitare il più possibile l’influenza registica favorendo la libertà degli interpreti, in comunione con gli elementi che caratterizzano il cinema-documentario”. Incalzata sul collocamento del suo progetto nel cinema russo, la Stishova afferma “non sento che il mio film sia riconducibile alla New Wave, che in Russia esiste sotto molte forme frammentate, al contrario di quella che è, ad esempio, la compatta New Wave romena”.
Chiude l’incontro dedicato agli “Sguardi Femminili Russi” Maria Borovicheva, raccontando l’esperienza vissuta sul set di Port, pellicola in cui è protagonista: “dopo aver lavorato con Aleksandra Streljanaja in The Net, nel quale tutti gli attori dovevano contribuire agli aspetti tecnici, abbiamo ripreso in mano il progetto legato a Port, dove ero chiamata ad interpretare una ragazza invalida”. L’attrice spiega come “per immedesimarmi meglio nel ruolo ho deciso di girare per le strade di San Pietroburgo in sedia a rotelle, avvertendo la sensazione di invisibilità che le persone invalide sono costrette a subire ogni giorno”.
Nella mattinata segue un focus sul cinema spagnolo, che recentemente ha conosciuto un’esplosione di numerosi debutti cinematografici al femminile. Ad introdurre l’incontro Annamaria Scaramella, organizzatrice del festival indipendente Margenes di Madrid, aperto al cinema di avanguardia ed a nuovi orizzonti eterogenei. Presenti Andrea Jaurrieta, regista di Ana de Dia, Diana Toucedo, autrice di Trinta Lumes, e Anxos Fazans, con il suo A Estacion Violenta.
Ana de Dia, proposto nel concorso Cinema in Piazza, è l’opera prima della Jaurrieta che ha ottenuto anche una nomination ai Goya e che “affronta il tema dell’identità e delle convenzioni sociali, dove pongo la domanda se sia possibile fuggire da sé stessi”. L’autrice illustra il travagliato percorso del film “durato otto anni, con un budget molto limitato e con continue difficoltà produttive che mi hanno condotta ad assumere il totale controllo sulla mia idea ricoprendo il ruolo di produttrice, sceneggiatrice e regista, garantendomi una totale libertà espressiva a fronte di un duro lavoro”.
Proiettato il 19 giugno al Teatro Sperimentale, A Estacion Violenta è il primo lungometraggio di Fazans, un “progetto intimo e personale, contraddistinto da una messa in scena diretta e naturalistica e attraversato da una sensazione di vuoto ed inquietudine figlia di uno stato d’animo del film stesso”. A differenza della Jaurrieta, la Fazans riconosce “non ho avuto problemi di fondi, in quanto sono sempre stata sostenuta da una produzione, che mi ha proposto l’adattamento del romanzo dal quale, dopo molte rivisitazioni e cambi di rotta, ho carpito l’anima del mio film”.
Ad aver avuto problematiche finanziarie, invece, è anche Diana Toucedo, il cui Trinta Lumes è stato presentato al Festival di Berlino: “le idee forti a base del film, che ha avuto una gestazione travagliata, sono quella del tempo, che da montatrice mi sta a cuore, ed il suo intrecciarsi sui suoi vari piani assieme alla concezione della morte, concepita non come la fine di ogni cosa ma piuttosto come una trasformazione”. Entrambi questi fattori sono direttamente collegati alla realtà dove l’opera è stata girata, la Galizia, nella quale “passato, presente e futuro non si susseguono linearmente, in una dimensione rurale che fonde il reale all’immaginario”.
A cura di Alessio Zuccari e Luca Quattrocchi