Maureen (Kristen Stewart) è una ragazza americana che vive a Parigi e lavora come personal shopper per un’esigente donna di nome Kyra. Dopo la morte di suo fratello, Maureen scopre di essere in grado di comunicare con le anime dei defunti. Tenterà così di stabilire un contatto con lo spirito di suo fratello. Ben presto la ragazza inizierà a ricevere degli sms da una fonte sconosciuta e apparentemente spettrale.
Dopo averla diretta in Sils Maria, il regista Olivier Assayas torna a collaborare con Kristen Stewart in questo suo Personal Shopper (qui il trailer). Nei due film sembra esserci una sorta di filo rosso che lega i personaggi interpretati dalla Stewart, entrambe le donne infatti sembrano condividere tra loro il concetto di invisibilità. In Sils Maria, infatti, Valentine diventava un personaggio sempre più marginale, fino a scomparire letteralmente dal racconto. Questa sua invisibilità ritorna in Personal Shopper dove Maureen, difatti, oltre a cercare di stabilire un contatto con un’entità invisibile, si presenta come un personaggio svuotato, freddo, con una personalità difficilmente definibile, quasi come fosse priva di identità. Un vuoto che la nostra protagonista cercherà di colmare riconoscendosi in qualcun altro, indossando i vestiti della sua datrice di lavoro, come se stesse interpretando un ruolo.
Personal Shopper riflette anche sulla realtà che siamo abituati a vivere nel quotidiano, dove viene evidenziata una spaccatura tra la realtà da noi percepita e la realtà virtuale, con quest’ultima che tende molto spesso a prevalere sull’altra a causa dell’utilizzo massiccio e continuo di smartphone, social e quant’altro la tecnologia ci metta a disposizione. Assayas sembra quasi volerci suggerire che in un mondo dove è ormai diffusissima la comunicazione in remoto, siamo diventati noi stessi degli spiriti, la nostra presenza digitale è difatti impalpabile, incorporea. Non a caso Kyra interagisce con la nostra protagonista solo attraverso chiamate, senza mai palesarsi, lasciando che sia solamente la sua voce l’unico ponte tra lei e l’assistente. La presenza di Kyra diventa quindi eterea, immateriale, proprio come quella di uno spettro.
Olivier Assayas confeziona un film coraggioso, che sa osare, che si configura come un’opera cinematografica altamente ermetica, originalissima, in grado di mescolare il thriller con l’horror senza cadere nell’utilizzo di cliché ormai abusati nel genere. Personal Shopper non ha come scopo quello di darci delle risposte, bensì quello di sollevare dubbi e domande, portando lo spettatore a riflettere ed a interrogarsi, intrattenendolo allo stesso tempo con una storia che sa essere profonda, fresca e mai scontata.