Arriva in Italia l’ultima fatica di Jacques Audiard, Les Olympiades. Presentato al festival di Cannes dello scorso anno, il film è distribuito con il titolo Parigi, 13Arr. (trailer), ovvero l’indirizzo del piccolo appartamento intorno al quale si snodano le trame e le vite dei personaggi esplorati da Audiard. Una storia composta da giovani adulti che cercano un posto nella vita, nel lavoro e una definizione della loro sessualità, affamati di amore come di risposte, alla ricerca perpetua di un senso esistenziale conciliabile con il piacere e la passione della carne.
Audiard filtra un racconto di amore, sesso e identità attraverso il bianco e nero ponendo una distanza fra lo sguardo dello spettatore e la natura umana del racconto, ma senza velare i corpi, mostrando organi sessuali senza pudore o restrizione e incastonandoli nella banalità del quotidiano. Se le immagini di Audiard sono raffinate, ricercate ed ossessive, i dialoghi si scontrano con un disagio del linguaggio che intriga e stupisce. I protagonisti faticano a dare forma dialettica ai loro sentimenti, castrano le loro emozioni ed i loro pensieri sostituendoli con una spregiudicata nudità ed una sessualità che sopperisce con i gesti e gli atti ad una sorta di autocensura indotta nel linguaggio.
I corpi di Audiard sono multietnici e sessualmente liquidi, l’istinto supera tutte le barriere per consentire la riconciliazione dei sensi attraverso una sessualità poetica ed armoniosa mentre la mente risulta incapace di superare questo ostacolo e resta congelata negli schemi sociali, nelle paranoie e nelle nevrosi che riescono pur sempre ad accomunare età, razze e condizioni sociali, ma con il risultato di dividere anzichè unire.
Prolifico sceneggiatore e regista, Audiard cerca sempre di affrontare nuove storie e temi, sfida se stesso con nuove imprese ed invita il suo spettatore a fare lo stesso ricercando nuove stilemi estetici e racconti che non possano risultare ripetitivi. Anche per Parigi, 13Arr. la scelta di base è la ricerca di un nuovo flusso di storie e di un nuovo pubblico più giovane con cui confrontarsi e dei cui tormenti diventare narratore.
L’elemento più intrigante del progetto però comincia in pre-produzione dato che la sceneggiatura si basa su fonti fra loro molto diverse. Audiard ha infatti realizzato un remix di diversi testi per ricavare la storia finale del progetto. Il film si basa sui fumetti di Adrian Tomine Morire in piedi, Amber Sweet e la graphic novel Hawaiian Getaway, che fra loro non sono così naturalmente connessi. Un lavoro portato avanti dallo stesso Audiard assieme a Céline Sciamma e Léa Mysius, che non è consistito solo nel riadattare i testi originali, ma anche di fonderli insieme. Il bianco e nero poi, oltre che essere un filtro efficace fra lo spettatore e i corpi messi in scena, rimanda proprio allo stato cromatico originale delle tavole di Tomine.
Il ritmo del film è incalzante ed equilibrato, i personaggi funzionano e stimolano l’empatia dello spettatore, le immagini sono eleganti e raffinate, mentre gli attori (tra cui spiccano Lucie Zhang, Noémie Merlant, Makita Samba) rendono perfettamente i loro personaggi assieme a un’atmosfera generata dall’autore che si fa suadente e sensuale. Audiard si mostra un regista moderno e lucido che ha ancora molto da dire e mostrare al pubblico europeo.