Ed eccoci con il terzo appuntamento dedicato alla serie di horror che gode della presenza di Vincent Price disponibile su Amazon Prime Video. È necessario fare un ulteriore salto nel tempo. Ci troviamo nel 1973, abbandoniamo il bianco e nero de Il pozzo e il pendolo, come anche quello de La Torre di Londra. Abbandoniamo anche la regia di Roger Corman e passiamo a quella di Douglas Hickox. Ci stiamo naturalmente riferendo a Oscar insanguinato (Theatre of Blood, trailer).
Il lungometraggio si presenta come una sorta di giallo, misto ad horror e alla black comedy britannica. Esso si incentra su una serie di omicidi causati da un attore teatrale brillante, Edward Lionheart, la cui carriera e i cui sogni sono stati distrutti dal club dei critici, quando non gli assegnano un celebre premio. Conseguenza di tale scelta è il suicidio dell’attore stesso. Ed ecco il morto che torna dall’aldilà per ottenere la sua vendetta. Lo spettro di Re Amleto, padre dell’omonimo figlio, che riappare nel cuore della notte per vendicare la propria morte. Così, il palcoscenico diviene letteralmente teatro di sangue, di torture e di morte, il tutto a suon di Shakespeare. Di fatti, gli omicidi seguono un ben chiaro modello (e in questo la struttura narrativa non spicca in originalità, in quanto il tutto risulta abbastanza prevedibile): ogni critico viene assassinato seguendo le modalità di una determinata opera shakespeariana messa in scena da Lionheart, il quale era stato largamente sminuito e umiliato dal critico-vittima.
Il protagonista, dunque, veste i panni di tutti quegli attori (e non solo) resi anonimi dalla critica. È inevitabile l’odio che comincia a generarsi da parte dello spettatore verso una categoria percepita quasi come inutile, diabolica ed estremamente cinica, opposta , quindi, all’essere creativo di personaggi come gli attori. Questo è, d’altronde, ciò che afferma proprio Lionheart verso la fine della pellicola e che viene ulteriormente confermato dal persistente “criticare” da parte di uno dei critici a fatti conclusi. Ed è forse questa una delle novità più esemplari del film: quella di dare spazio ad una tematica a cui ancora oggi, forse, non viene attribuita la giusta importanza. Ma ancora, Oscar Insanguinato ha il merito trasformare la questione in vera e propria poesia, nonostante risulti evidente l’economicità del film, dunque della scenografia e magari anche del gruppo di ubriaconi dei quali si può quasi percepire il sudiciume.
Chiaramente la poeticità, o meglio, la teatralità del film non può che derivare dalla performance ancora una volta sublime di Price (e non lo si sottolinea soltanto perché nel film un gruppo di critici viene assassinato a sangue freddo per aver apportato recensioni negative sulla performance di un attore…). Price mostra la sua ammirevole versatilità grazie alla capacità di poter vestire i panni di ogni singolo personaggio, che sia quello di un uomo degli anni ’70, che sia quello di Amleto o quello di Riccardo III, il quale non poteva non essere citato, proprio perché interpretato anni addietro dallo stesso attore. L’interpretazione fa in modo che lo spettatore venga completamente coinvolto nella vicenda, che sia affascinato dalla quasi misticità di Price, come se fosse a teatro. Attore teatrale, attore cinematografico, uomo. È questo Price ed è ciò che viene ribadito ancora e ancora.
Per quanto riguarda la regia di Hickcox, essa risulta ben presente soprattutto nelle riprese e nel montaggio. Questi, infatti, appaiono essere alquanto visibili, come a ribadire una certa differenza tra l’ambientazione prevalentemente teatrale della storia e la natura cinematografica del film che abbiamo davanti. Per questo motivo, dunque, Oscar insanguinato tende a sorprendere i cinefili più attenti, i quali possono riconoscere e ammirare i diversi zoom, le panoramiche e le soggettive sparsi all’interno del film.
In conclusione, il film forse non è in grado di ridare quell’atmosfera magica dei due precedenti di cui si è già parlato, ma è senza alcun dubbio una chicca da recuperare e da custodire nel proprio bagaglio culturale cinematografico. Leggero, coinvolgente e poi c’è Vincent Price, un motivo in più per recuperarlo.